La firma con l’Arsenal, rifiutando il Manchester United di sir Alex Ferguson, Cristiano Ronaldo e Wayne Rooney – che a fine stagione avrà vinto la Premier League, raggiunto a finale di Champions League e portato a casa anche la coppa di lega.
L’assist per Adebayor al debutto in Premier League, il gol a casa del Fenerbahce che lo iscrive tra i più giovani ad aver mai segnato in Champions League e la sensazione che il gallese possa diventare un signor centrocampista – anche se “Il Prescelto” resta Jack Wilshere.
Poi il tackle di Ryan Shawcross, tibia e perone vanno in pezzi. Il buio.
La convalescenza durerà quasi due anni, tra tante prestazioni mediocri, la panchina e solo qualche sporadico momento di vera brillantezza; l’Emirates Stadium arriverà addirittura a fischiarlo, in un momento nel quale solo Arsène Wenger sembra essere dalla sua parte.
La luce si riaccende a partire da gennaio 2013, quando trova un posto fisso accanto a Mikel Arteta e diventa l’anima della squadra, il motore inesauribile che lotta su ogni pallone e assicura la staffetta tra difesa e attacco.
La stagione successiva, quasi all’improvviso, arrivano i gol.
Tanti – anzi tantissimi, saranno sedici a fine stagione – e quasi tutti memorabili, fino all’apoteosi della zampata che vale la vittoria della FA Cup 2014, a spese del sorprendente Hull City.
La parabola di Aaron Ramsey sembra completa, dal tracollo alla rinascita fino allo zenit del gol decisivo che interrompe nove anni di lunghissimo digiuno per l’Arsenal – ed invece lo stile di gioco del gallese cambia radicalmente, diventa molto più indisciplinato ed egocentrico, lontano parente del centrocampista completo d’inizio 2013.
I gol diventano un’ossessione, gli inserimenti offensivi un obbligo che fa perdere equilibrio al centrocampo e quindi a tutta la squadra; di Frank Lampard e Steven Gerrard, i due mostri sacri ai quali assomiglia di più, prende solo i tratti offensivi e sembra dimenticare l’apporto difensivo, trascurando sempre di più le zolle di campo alle sue spalle.
Il centrocampista instancabile lascia spazio alla seconda punta, della quale però non ha i fondamentali, e i risultati della squadra ne risentono; curiosamente, più aumenta la sua presenza attorno all’area di rigore avversaria, più diminuiscono i gol segnati ma Aaron Ramsey è un tipo determinato e continua con il suo stile, ormai divenuto abituale per i tifosi dell’Arsenal.
L’ultimo trofeo porta ancora la sua firma, la FA Cup strappata al favoritissimo Chelsea di Antonio Conte, e la stagione 2017/2018 lo vede eletto Player of the Year dai tifosi dell’Arsenal per la seconda volta in carriera.
Aaron Ramsey è un giocatore difficile da decifrare: come il numero di maglia che indossa, ha tutto per essere un centrocampista a tutto campo del livello di Frank Lampard, Steven Gerrard o Arturo Vidal – eppure sembra avere ambizioni da trequartista, quale non è.
All’Arsenal da dieci anni e decisivo in due finali di FA Cup, il suo nome dovrebbe fare l’unanimità tra i tifosi ma il gallese non è mai riuscito a convincere del tutto – forse proprio a causa di quella benedetta stagione 2013/2014.
Lo so che sembra assurdo, però tutti quei gol hanno cambiato drasticamente Aaron Ramsey e trasformato un centrocampista capace egualmente di difendere come un mediano e finalizzare come una seconda punta in un ibrido senza arte né parte.
Oggi Aaron Ramsey dovrebbe essere al posto di Lucas Torreira, accanto a Granit Xhaka, e approfittare delle sue energie inesauribili per arrivare in area senza essere notato, sfruttare un pallone filtrante di Mesut Özil e finalizzare l’azione; invece Aaron Ramsey è sistematicamente il giocatore più avanzato dello schieramento dell’Arsenal e finisce col marcarsi da solo, perdendo tutta l’efficacia del suo innato fiuto per il gol e della sua potenza fisica.
Ciò nonostante, è triste vedere come stia finendo la storia tra Aaron Ramsey e l’Arsenal: il Club ha ritirato l’offerta di contratto quadriennale da oltre dieci milioni l’anno proposta da Ivan Gazidis e il gallese sembra quindi destinato a partire – che sia a giugno dell’anno prossimo o già a gennaio.
In tutta onestà faccio fatica ad immaginare come sarà ricordato Aaron Ramsey, quando sarà passato abbastanza tempo per riflettere posatamente sulla sua carriera; gli anni di servizio, i due gol che sono valsi due FA Cup e il coraggio mostrato per tornare al meglio dopo quel bruttissimo infortunio gli varrebbero un posto tra coloro che hanno fatto la storia del Club, tuttavia la maniera in cui la storia sta finendo e la sensazione che il gallese abbia spesso giocato più per sé che per la squadra potrebbero chiudergli le porte della storia dell’Arsenal.