Ci sono sconfitte sacrosante, sconfitta immeritate, sconfitte ingiuste e poi ci sono sconfitte come quelle dell’AMEX Stadium, per la quale mi mancano gli aggettivi.

Troppi errori, troppe cose andate storte e pochissimi spunti positivi, tutti comunque insignificanti di fronte alla prestazione della squadra e dell’allenatore; dal primo all’ultimo, ad eccezione di Bernd Leno, hanno deluso per il modo in cui non hanno chiuso la partita all’inizio, con l’avversario in palese difficoltà, e per come non hanno saputo gestire il vantaggio, acquisito grazie al bellissimo gol di Nicolas Pépé.

L’Arsenal, ancora una volta, si è dato la zappa sui piedi nella maniera più evitabile, e quindi esasperante, possibile; ancora una volta, l’Arsenal si è perso in leziosità e si è seduto, anziché spingere sull’acceleratore e dimostrare la ferocia sportiva che appartiene alle squadre più ambiziose.

Ritmi blandi, poco coraggio nello scegliere le giocate, distrazioni e chi più ne ha più ne metta, a Brighton le abbiamo viste tutte.
In tutto ciò, non ho visto un solo giocatore alzare la voce, prendersi delle responsabilità, spronare i compagni: nè quello con la fascia da capitano al braccio, né gli elementi più navigati come Alexandre Lacazette, Shkodran Mustafi o Héctor Bellerín.

Niente, nada, silenzio radio.

Il solo a tentare qualcosa, il solo ad far scoccare la scintilla è stato Bukayo Saka, proposto nell’inedito ruolo di centrocampista e al centro di tutto quel che di buono ha combinato la squadra nei primi venti minuti.

Quando poi Maupay ha causato l’infortunio di Bernd Leno, quel silenzio è diventato ancora più assordante: nessun compagno che sia andato a dire due parole all’attaccante del Brighton, nessuno che abbia preso le difese del portiere tedesco, vittima di un contrasto vigliacco e lasciato solo a puntare il dito contro Maupay, dalla barella, con un ginocchio forse rotto.

Non voglio far retorica ma qualche partita di calcio l’ho giocata anch’io e, qualsiasi fosse il livello, un Maupay su un campo di provincia avrebbe rimpianto di aver effettuato quel contrasto: non si tratta di una semplice vendetta ma di spirito di squadra, di legame tra giocatori e senso di appartenenza al Club per il quale giochi.

Se te la prendi con un mio compagno di squadra, dovrai vedertela con me – è piuttosto semplice e non capisco perché abbiamo smesso di essere quel tipo di squadra.

In passato, pur giocando un calcio favoloso, sapevamo anche essere dei duri – poi siamo diventati fin troppo gentili: chiedere ai fratelli Neville, a Ruud van Nistelrooy o a Cristiano Ronaldo come fosse avere di fronte Patrick Vieira, Lauren o Martin Keown, a quei tempi. Siamo stati la squadra della mega rissa a Old Trafford, siamo quelli di Freddie Ljungberg che, a Match of the Day, dichiarava: “if someone kicked me, I knew that Lauren would kick the s**t out of him”, a sottolineare un autentico spirito di squadra che oggi non sembra esistere più.

Questa squadra ha bisogno di essere rifondata mentalmente, prima che tecnicamente: a parte Granit Xhaka, non abbiamo un solo elemento con la mentalità giusta, tutti bravi ragazzi che prontamente hanno scusato Maupay per il suo fallo vigliacco – com’era successo quando Arnautovic aveva rotto la spalla a Mathieu Débuchy.

Sono anni ormai che gli avversari sono legittimati a prenderci a calci, con la complicità degli arbitri, perché tutti sanno che con l’Arsenal si può fare; contro il Brighton, il centrocampista Bissouma ha commesso OTTO falli, tre dei quali pericolosi, senza essere nemmeno ammonito.

Va bene così, tanto è solo l’Arsenal.

Questa squadra ha bisogno di riscoprirsi stronza e bastarda, prima di tutto: risolto quel problema, potremo pensare a come far circolare meglio il pallone tra centrocampo e attacco, come trarre il meglio dal povero Pierre-Emerick Aubameyang – abbandonato al suo destino – e come far fruttare al meglio le immense qualità di Nicolas Pépé, che tutto è tranne che un esterno di centrocampo.

Risolvere questi problemi tattici e tecnici è la parte più semplice del lavoro che attende Mikel Arteta, anch’esso deludente per come ha gestito la partita di sabato e per il suo gesto d’intesa con Maupay, ad inizio ripresa.

Il cambiamento parte da lui, il nuovo Arsenal cattivo deve riflettere la mentalità del proprio allenatore che non può e non deve accettare che i propri giocatori vengano deliberatamente attaccati, come successo a Bernd Leno.

 Vi lascio con le parole del pacato Arsène Wenger, Le Professeur, subito dopo gli infortuni occorsi a Eduardo e Aaron Ramsey:

“È ridicolo. Il contrasto era orrendo e credo che Taylor non debba più giocatore. Quando succedono cose di questo tipo, si dice sempre che il tale non è quel tipo di giocatore ma basta uccidere qualcuno una volta, per avere un morto in più. Sapevo che sarebbe successo, un giorno. Accettando l’idea che per battere l’Arsenal si debba picchiare l’Arsenal, quindi sapevo che sarebbe successo.”

“ll contrasto di Shawcross era orrendo. Non venitemi a dire che bravo ragazzo sia. Avete visto di che infortunio si tratta? […] Perdere un giocatore di 19 anni del calibro di Ramsey è difficile da accettare. Questo non è calcio e mi rifiuto di accettare una cosa del genere. La FA deve agire.”

Altro che “non ha fatto apposta”…

@ClockEndItalia

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