Con un meteo così capriccioso è sempre così: un giorno stai bene, ti godi il sole, poi improvvisamente arriva la pioggia ed ecco che torna quel maledetto mal di schiena. Dannati reumatismi!

Ancora una volta, a qualche ora da una trasferta nel nord dell’Inghilterra, Mesut Özil si è fermato a causa del mal di schiena.

Ho perso il conto delle volte in cui il tedesco non ha preso parte ad una partita fuori casa a causa del mal di schiena: credo ci siano tifosi avversari, a nord di Londra, che pensano che Mesut Özil sia una creatura di fantasia, un essere mitologico che si manifesta solo in rarissime occasioni.

Non ho voglia di speculare sui perché, sui pettegolezzi circa le ore che Mesut Özil passerebbe inchiodato alla sua sedia a giocare a Fortnite o sull’intensità dei suoi allenamenti perché ormai la misura è colma.

Le assenza di Mesut Özil stanno diventando ormai una farsa, una ragione per la quale il Club è oggetto di derisione da parte di stampa e social, il cui livello sfiora ormai il good ebening di Unai Emery.

Che sia per problemi alla schiena, scelte tattiche o per “le tante cose che gli stanno succedendo in questo momento (cit. Arteta dopo la partita contro il City)”, questa telenovela di cattivo gusto deve finire.

Da una parte abbiamo un allenatore che ha messo in chiaro di essere inflessibile sull’attitudine da adottare in squadra e dall’altro un giocatore che da solo rappresenta tutto l’opposto di quello che chiede Mikel Arteta.

Dopo Unai Emery e Freddie Ljungberg, siamo al terzo allenatore che ha problemi nel gestire Mesut Özil e al quale, ad ogni stramaledetta conferenza stampa, vengono rivolte domande sul tedesco.

La partita di ieri contro lo Sheffield United ha dimostrato ancora una volta tutti i limiti della squadra nel costruire gioco a centrocampo ma temo ormai che la risposta non sia più nei piedi e nella testa di Mesut Özil; il futuro è nei piedi di Nicolas Pépé, Bukayo Saka, Joe Willock e centrocampisti molto più mobili, malleabili e poliedrici del tedesco – l’ultimo esemplare di numero dieci rimasto in circolazione.

Mesut Özil possiede un talento ed una visione di gioco sopraffine ma sembra non aver più voglia di applicarsi, imparare, adattarsi e cambiare per sopravvivere, come invece ha saputo fare David Silva: lo spagnolo non ha mezzi fisici superiori a Mesut Özil nè maggiore mobilità o combattività ma ha saputo reinventarsi in un ruolo inizialmente non suo, adattandosi alle necessità della squadra e trovando una dimensione diversa.

Come lui, anche Santi Cazorla ha saputo trasformare radicalmente il proprio modo di stare in campo, uscendone addirittura migliore.

Il problema è che, per arrivare a certi risultati servono dedizione ed umiltà – due qualità che mancano palesemente a Mesut Özil. Senza quelle, ogni processo di cambiamento è destinato a fallire e Mesut Özil non fà eccezione.

Come ogni specie che rifiuta il cambiamento, Mesut Özil è destinato all’estinzione e non saranno la sua visione impareggiabile o il suo tocco di palla sopraffino a salvarlo.

È ora di prendere una decisione drastica, costi quel che costi a livello economico, e tagliare il cordone che ci lega a Mesut Özil.
È la cosa migliore per entrambi, per quanto sia triste vedere che uno dei migliori centrocampisti della sua generazione non sia riuscito a lasciare il segno quanto avrebbe potuto.

Non ha funzionato, se non a tratti, e le colpe ricadono tanto sul giocatore quanto sul Club e gli allenatori che lo hanno avuto ai propri ordini, incapaci a quanto pare di trarre il meglio delle qualità del tedesco.

Non c’è più margine di miglioramento, non c’è più futuro per Mesut Özil all’Arsenal e aspettarsi un epilogo diverso, a questo punto, è utopia.

Lo dico a malincuore perché ho sempre sperato che un giorno, all’improvviso, Mesut Özil smentisse tutti i propri detrattori e diventasse determinante, in maniera più che sporadica, per l’Arsenal.

Non è stato così ma almeno possiamo ancora evitare che l’ombra lunga del giocatore e dell’ingaggio che si porta appresso danneggino ulteriormente l’immagine dell’Arsenal. 

@ClockEndItalia

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