È stato bello tornare a crederci, devo ammetterlo.

Le tre vittorie consecutive in campionato, la classifica accorciata e il profumo di vittoria contro un’altra concorrente, il Leicester, mi aveva fatto credere che fossimo tornati prepotentemente in gara.

Poi, come una pugnalata, è arrivato il gol di Vardy e un pareggio che ci relega a 9 punti dal quarto posto e 5 dal quinto, occupato dal Manchester United che ha giocato una partita in meno.

Se tutto va secondo i piani, domani sera ci ritroveremo a 8 punti dai Red Devils, impegnati in trasferta con l’Aston Villa; inoltre, se i Wolves dovessero fare il colpaccio a casa dello Sheffield United, si allontanerebbe ulteriormente anche il sesto posto, che aprirebbe le porte dell’Europa League nel caso in cui la FA Cup andasse ad una squadra già qualificata per una competizione continentale.

Per 85 minuti e nonostante l’inferiorità numerica causata dall’espulsione di Eddie Nketiah, l’Europa era lì ad un passo e la Champions League una possibilità remota ma di certo non un miraggio.

Nella delusione e nella rabbia del dopo-partita, non ancora passate, voglio tenermi stretta la sensazione di maturità e compiutezza di una squadra che, meno di cinque mesi fa, era un’accozzaglia di giocatori senza una strategia e senza un’idea in testa – trascinati dalle prestazioni mostruose di Pierre-Emerick Aubameyang in attacco e Bernd Leno in porta.Ne abbiamo fatta di strada, prima con Freddie Ljungberg e poi con Mikel Arteta: abbiamo un’identità, abbiamo una filosofia di gioco e cominciamo a trovare automatismi e intesa tra i reparti; abbiamo ancora molti difetti ma perlomeno siamo una squadra.

Resta l’amaro in bocca per un primo tempo impeccabile, che avremmo dovuto chiudere con un vantaggio più ampio, e per le scelte del VAR – ancora una volta poco convincenti: il rosso a Eddie Nketiah sembra eccessivo perché il ragazzo stava giocando il pallone, che non ha agganciato per una questione di centesimi, mentre il calcione di Vardy ai danni di Shkodran Mustafi non è nemmeno stato rivisto; idem per il gol dell’attaccante del Leicester, in posizione più che dubbia già sul cross di Gray e in netto fuorigioco quando Pérez ha deviato il pallone in maniera visibile.

Tutte recriminazioni che sarebbero passate in secondo piano se avessimo convertito le due migliori occasioni da gol costruite nel primo tempo, entrambe capitate ad Alexandre Lacazette: se sulla girata è stato bravo Schmeichel a rispondere, il colpo di testa del francese sul cross perfetto di Héctor Bellerín doveva essere più forte e preciso.

Con un vantaggio di due gol all’intervallo, sono certo che staremmo qui ad esaltarci per un quarto posto lontano appena sei punti e l’Europa ben visibile all’orizzonte.

Il rammarico più grande, tuttavia, resta il tempo perso nel sostituire Unai Emery con Mikel Arteta.

Scherzo del destino, il momento giusto sarebbe stato in occasione della gara di andata contro il Leicester, persa per due a zero, alla quale ha fatto seguito una pausa di due settimane che Mikel Arteta avrebbe potuto usare per conoscere meglio la squadra e iniziare il lavoro di ricostruzione.

Già allora la posizione di Unai Emery sembrava compromessa, con lo spogliatoio in subbuglio e i risultati deludenti, ma la dirigenza decise di aspettare.

Un’esitazione fatale, come quel gol di Vardy a cinque minuti dalla fine. Nel bene o nel male, nel nostro destino recente sembra esserci sempre lo zampino del Leicester.

@ClockEndItalia

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