Arrivederci, Premier League.

La tribolata vittoria per 3-2 contro il Watford è chiuso definitivamente il sipario su questo maledetto, inedito, infinito campionato e mandato in archivio un’annata da buttare.

L’ottavo posto finale rappresenta il peggior risultato conseguito dall’Arsenal in oltre vent’anni: nel 1994/95, infatti, terminammo al 12° posto il famoso campionato dell’esonero di George Graham per una brutta storia di tangenti legata agli acquisti di Jensen e Lydersen, del ricovero di Paul Merson per combattere la tossicodipendenza e i problemi col gioco d’azzardo, della retrocessione sfiorata, dell’eliminazione dalla FA Cup per mano del Millwall e della finale di Coppa delle Coppe con il gollonzo di Nayim – ex Tottenham – all’ultimo minuto dei tempi supplementari.

Pur senza aver vissuto un\’annata così travagliata, i Gunners hanno dato il peggio di sé sia in campo che fuori e pagato a carissimo prezzo una serie di decisioni scellerate, delle quali vi farò un elenco ad perpetuam rei memoriam.

ATTENZIONE: le parole che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilità.

UN’ESTATE DA BRIVIDI

La nostra estate parte col botto: al momento d’imbarcarsi sull’aereo che avrebbe portato la squadra negli Stati Uniti per una mini tournée, Laurent Koscielny non c’è.

Il capitano vuole andarsene e decide di disertare, forzando così la mano del Club e buttando letteralmente alle ortiche nove anni di onorato servizio, con i tifosi che non gli perdoneranno mai un tale atteggiamento. Tra Laurent Koscielny, Raúl Sanllehí e Unai Emery è guerra aperta, con il Club che chiede cifre da top player e il giocatore che vorrebbe addirittura essere svincolato.

Alla fine il difensore verrà ceduto al Bordeaux per poco più di quattro milioni di sterline, anche se il prezzo da pagare per questa feroce separazione sarà altissimo per entrambe le parti.

L’Arsenal parte per il Stati Uniti senza un capitano e quando ritorna non va esattamente meglio: Mesut Özil, Sead Kolašinac e le rispettive compagne sono vittime di un tentativo di rapina, per mano di due malviventi armati di coltello. Il bosniaco scende dall’auto e affronta a mani nude i rapinatori, mettendoli in fuga, mentre Mesut Özil ne approfitta per scappare con l’auto e rifugiarsi in un ristorante poco distante.

Sead Kolašinac rinforza la sua immagine di cult hero, mentre il tedesco non ne esce benissimo con tanti a criticarne la decisione di abbandonare il compagno di squadra. Lui si difenderà dicendo che voleva portare al sicuro le due ragazze ma i pettegolezzi non si fermano.

Per fortuna nessuno si è fatto male ma i due giocatori resteranno fuori squadra che per un po’ e sono affidati ad uno psicologo per affrontare il trauma subíto.

IL MERCATO FARAONICO

No Champions? No problem!

Dopo aver visto sfumare il quarto posto a causa di un finale di campionato disastroso e aver perso in maniera nettissima la finale di FA Cup contro il Chelsea, i Gunners sembravano destinati ad un mercato povero ed invece arrivano Kieran Tierney dal Celtic, David Luiz dal Chelsea, Dani Ceballos in prestito dal Real Madrid, William Saliba dal Saint-Étienne e soprattutto Nicolas Pépé dal Lille, per una cifra record che l’Arsenal, secondo i bene informati, non avrebbe potuto spendere.

Torna l’ottimismo tra i tifosi, incantati dai balletti fuori fuoco di Raúl Sanllehí: l’Arsenal è tornato!

Le ultime parole famose…

PRIME PARTITE, PRIMI GUAI

Finalmente inizia il campionato e l’Arsenal vince a St. James’ Park per 1-0 grazie al gol di Pierre-Emerick Aubameyang e una settimana dopo vince in casa contro il Burnley, per 2-1. Le prestazioni sono così così ma la classifica sorride e a centrocampo si vede un Dani Ceballos incredibile; il sole splende sopra l’Emirates Stadium, poi però arrivano i temporali: prima la sconfitta ad Anfield e la prestazione indifendibile di David Luiz, poi l’inspiegabile cessione di Nacho Monreal, uno dei pochi elementi di assoluta affidabilità, per di più alla vigilia del North London Derby.

Unai Emery aveva chiesto di posticipare la cessione del connazionale, Raúl Sanllehí e Edu non se lo filano e completano l’operazione con la Real Sociedad per l’incredibile somma di 225,000 sterline; è bene ricordare che al momento della cessione di Nacho Monreal, Unai Emery aveva Kieran Tierney infortunato e Sead Kolašinac ancora in fase di recupero dopo l’aggressione subita.

Perché tanta fretta di sbarazzarsi di Nacho Monreal?!

C’È NESSUNO?

Facciamo un passo indietro, precisamente a quando Laurent Koscielny si è ammutinato: era il 12 luglio e il francese, per ovvie ragioni, non poteva più indossare la prestigiosa fascia da capitano.

Chi per rimpiazzarlo? L’estate prima Unai Emery aveva scelto un gruppo di cinque giocatori per dividersi questa responsabilità: Laurent Koscielny, Petr Čech, Aaron Ramsey, Mesut Özil e Granit Xhaka.


Con il francese fuori gioco, il portiere ritiratosi e andato a fare il dirigente al Chelsea e  il gallese ceduto alla Juventus a parametro zero, la scelta più ovvia pareva quella di nominare ufficialmente lo svizzero, dati gli screzi tra l’allenatore e Mesut Özil.

Unai Emery però tentenna, prima dichiara di aver preso una decisione, poi ritarda l’annuncio, in seguito dice di voler fare una votazione con i giocatori e infine, il 27 settembre 2019, nomina ufficialmente Granit Xhaka capitano, con Mesut Özil, Pierre-Emerick Aubameyang, Héctor Bellerín e Alexandre Lacazette come vice.

Ci saranno voluti 77 giorni per arrivare ad avere ufficialmente un capitano, allo svizzero basteranno 39 giorni per perdere la fascia: Granit Xhaka sbrocca in maniera plateale al momento della sostituzione nel pareggio interno contro il Crystal Palace, manda a quel paese l’Emirates Stadium e getta a terra la maglia.

In casa Arsenal è caos assoluto, la squadra rischia di perdere in casa contro il Vitória in Europa League e poi mette assieme una serie di risultati e prestazioni pessime: il 5-5 contro il Liverpool in Carabao Cup, con conseguente eliminazione ai rigori, il pareggio interno contro Wolves e soprattutto l’uno a uno a casa del derelitto Vitória, frutto di un solo tiro in porta in tutta la partita.

Il declino è evidente ma Unai Emery resta al proprio posto e circolano addirittura voci di un rinnovo pronto per lo spagnolo, con Raúl Sanllehí che spinge per l’accordo.

Se a noi tifosi la situazione sembrava compromessa già in occasione del 2-2 di Vicarage Road, quando il Watford ha effettuato 31 (!) tiri in porta e rimontato il doppio svantaggio, ai piani alti sembra che non la pensino così.

La sconfitta contro il Leicester City ci costa punti preziosi, così come il pareggio interno contro il Southampton, all’ultimo minuto. Alexandre Lacazette insacca ma non esulta, anzi sembra deluso di aver fatto gol: il segnale sembra chiaro, Unai Emery deve andarsene.
Ci vorrà l’ennesima delusione, la sconfitta interna contro l’Eintracht Francoforte, per convincere il Club a cambiare.

L’era Unai Emery finisce mestamente dopo appena 18 mesi. Good ebening, sipario.

WE LOVE YOU FREDDIE, WE DO!

Esonerato Unai Emery, il Club decide di affidare temporaneamente il timone della squadra a Freddie Ljungberg: la leggenda, il mentóre, l’allenatore che determinante per la crescita di Bukayo Saka, Reiss Nelson, Joe Willock e Eddie Nketiah che potrà trasmettere le giuste idee e i giusti valori.

La dirigenza però “dimentica” di affidargli uno staff e Freddie si ritrova a lavorare da solo sul campo, aiutato solo da un paio di assistenti in prestito dalle giovanili e da Per Mertesacker, direttore del settore giovanile, al quale viene chiesto di andare in panchina con lo svedese.

L’Arsenal è allo sbando, Freddie Ljungberg invoca aiuto per qualche settimana, dicendo di voler lavorare come se fosse l’allenatore a tempo pieno, ma in società nessuno lo ascolta; lo svedese prova a fare del proprio meglio ma i risultati non arrivano: una sola vittoria in cinque partite di Premier League, contro il West Ham, due pareggi contro Norwich e Everton e due sconfitte, contro Brighton e Manchester City.

Il senso di smarrimento tra i tifosi è grande, la classifica ci vede all’undicesimo posto e la squadra ha vinto solo una delle ultime dieci partite di campionato disputate.

BENTORNATO, MIKEL

La scelta per la successione di Unai Emery e Freddie Ljungberg cade su Mikel Arteta: l’ex capitano, fino a quel punto assistente di Guardiola la Manchester City, si ritrova su una delle panchine più ambite ma anche più calde d’Inghilterra. Un esordiente assoluto, un rischio enorme preso da un Arsenal che sembra più che altro aver bisogno di stabilità ed esperienza.

Lo spagnolo però è molto più maturo e navigato di quanto racconti il suo curriculum e inizia fin da subito a mettere in atto profondi cambiamenti nel modo di giocare della squadra; sebbene i risultati non siano sempre all’altezza, è raro che l’Arsenal vada in difficoltà e la sensazione è che la strada sia quella giusta.

Se sul campo le cose sembrano andare un po’ meglio, non si può dire lo stesso di ciò che accade fuori dal rettangolo di gioco: dal mercato arrivano il semi-sconosciuto Pablo Marí, prelevato dal Flamengo non senza qualche difficoltà economica e burocratica, e il portoghese Cédric Soares, acquistato in prestito dal Southampton nonostante sia infortunato e in scadenza di contratto.

Fortuna che, come detto, le cose in campo sembrano andare alla grande: dopo il ritiro invernale a Dubai, durante il quale Mattéo Guendouzi è arrivato allo scontro con l’allenatore e lo staff, la squadra infila tre vittorie consecutive in campionato: 4-0 al Newcastle, 3-2 contro l’Everton e 1-0 contro il West Ham.

Improvvisamente l’Europa si avvicina e l’Arsenal può andare a cinque punti dal quarto posto, vincendo la gara che deve recuperare…

FERMI TUTTI!

Il calcio si ferma, la pandemia di Covid-19 ha bloccato l’intero pianeta. Dopo aver patito una bruciante eliminazione in Europa League per mano dell’Olympiacos, l’Arsenal è scosso dalla notizia della positività di Mikel Arteta, che de facto ferma il calcio in Gran Bretagna.

Da quel momento, è impossibile predire cosa accadrà: il Club convince i giocatori ad accettare un taglio del 12,5% dello stipendio – unico Club ad aver preso una misura del genere – e inizia a farsi largo l’allenamento a distanza.
Mikel Arteta, rimessosi completamente dalla malattia, non risparmia compiti a casa e sedute tattiche individuali a distanza.

In una sorta di pre-campionato virtuale, l’allenatore approfitta dell’immobilità per spiegare, insegnare e correggere e far passare così le proprie idee, attraverso uno schermo.

Di tutte le sfide che il tecnico spagnolo ha potuto immaginare prima di firmare con l’Arsenal, gestire una squadra durante una pandemia globale non era nella lista.

Alla prima esperienza da allenatore, sarebbe  bastato l’arduo compito di riportare in auge l’Arsenal, un Club male organizzato che ha costruito una squadra sbilanciata e povera tecnicamente, ed invece Mikel Arteta si è ritrovato davanti una missione quasi impossibile.

EPILOGO…

Alla ripresa, tre mesi più tardi, le cose non vanno come sperato: prima la sconfitta a casa del Manchester City, sporcata dagli infortuni di Granit Xhaka e Pablo Marí, oltre alla serataccia di David Luiz, e poi quella contro il Brighton, che oltre al danno porta anche la beffa: Bernd Leno, uno dei migliori durante la stagione, s’infortuna al ginocchio in seguito un brutto atterraggio, spinto da Maupay.

Per il tedesco la stagione è finita e le per noi tifosi le preoccupazioni si accumulano: in panchina c’è Emi Martínez, l’eterna riserva che a 27 anni ha disputato solo una manciata di partite, e davanti una serie di partite fondamentali per sperare in una qualificazione europea.

Come in una favola, l’argentino si dimostra un portiere eccezionale e salva il risultato a più riprese, risultando determinante.

L’Arsenal riprende a macinare vittorie e mantenere la propria porta inviolata (2-0 in trasferta sia contro il Southampton che contro i Wolves e 4-0 interno al Norwich) ma incappa in due risultati negativi proprio sul più bello: prima Vardy pareggia il gol iniziale di Pierre-Emerick Aubameyang, poi due errori difensivi condannano la squadra alla sconfitta nel primo North London Derby giocato al Tottenham Hotspur Stadium.

I sogni d’Europa diventano miraggi, prima di essere cancellati definitivamente dalla sconfitta a casa dell’Aston Villa terz’ultimo in quella che probabilmente resta la peggior prestazione dell’Arsenal da quando è subentrato Mikel Arteta.

Ci si consola con la vittoria di prestigio contro il Liverpool e soprattutto il capolavoro di Wembley, il 2-0 rifilato al Manchester City che ci ha spediti in finale di FA Cup.

Tra qualche giorno, ancora a Wembley, proveremo ad alzare la coppa e trovare così il cammino per l’Europa di cui tanto abbiamo bisogno.

La speranza, ovviamente, è di aver qualcosa da festeggiare alla fine di questa estenuante stagione ma la realtà è un’altra: con o senza FA Cup, questa stagione non può essere considerata come salvabile e non ha fatto altro che restituire la magnitudine della missione di Mikel Arteta.

Abbiamo un rosa povera, composta da molti giocatori che sono in netto declino e altri che non c’entrano nulla col progetto tecnico dell’allenatore; il nostro miglior attaccante probabilmente partirà e non avremo grandi mezzi economici per sostituirlo.

Restano alcuni giovani eccezionali, come Bukayo Saka e Gabriel Martinelli, e la speranza che la prossima sia la stagione della consacrazione di Nicolas Pépé, mai del tutto convincente.

Resta soprattutto un’identità ritrovata e un progetto ben chiaro, forse gli elementi più importanti per il successo della ricetta; senza gli ingredienti adeguati, tuttavia, non potremo avere grosse ambizioni e non sono sicuro che la proprietà voglia davvero partecipare a questo tipo di ricostruzione.

Cara Premier League 2019/2020, non è stato affatto un piacere.

Ci vediamo l’anno prossimo, con ben altre aspettative (forse…)

@ClockEndItalia

 

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