Giornata fiacca, quella di oggi. Willian è quasi un giocatore dell’Arsenal, Pierre-Emerick Aubameyang ha quasi rinnovato il contratto ma in realtà non succede un granché.

A memoria, questa sarà l’estate più corta tra la fine di una stagione e l’inizio della successiva, eppure non è concitata quanto mi aspettassi. Non saprei dirvi se è un buon segno oppure no, posso solo dirvi che mi sono ritrovato a pensare molto in questi giorni di calma piatta (il che suggerisce che sarebbe meglio avere più azione) e mi sono ritrovato a fare alcune considerazioni sul calcio vissuto “da adulto”.

SPOILER ALERT: è una noia mortale.

Una maggiore comprensione delle dinamiche di gioco, delle tattiche e delle scelte di un Club non compensano la totale mancanza di pura gioia ed eccitazione che mi ha accompagnato durante tutta l’infanzia e l’adolescenza; perché adesso mi devo ritrovare a preoccuparmi della durata del contratto di un giocatore? Da quando è importante conoscere gli xG, xA, xNPG e tutti gli xQualcosa quando stiamo per comprare un giocatore?

Perché mi devo preoccupare del nome dell’agente di tale giocatore, prima di dirmi se l’acquisto mi piace oppure no?In che modo il potenziale valore di rivendita di un giocatore influisce sulla mia esperienza di tifoso?

Non dovrebbe fregarmente un’emerita mazza, per essere poetico.

Voglio vedere i giocatori in campo con la maglia dell’Arsenal, voglio vederli farmi saltare sulla sedia e, quando possibile, segnare tanti gol e vincere tante partite.

Davvero devo stare a mangiarmi le unghie di mani e piedi quando il terzino parte in un’azione solitaria, perché “chissà se poi il centrale scala a fare la diagonale” e “speriamo che il centrocampista resti in copertura”, anziché credere ciecamente che scarterà tutti gli avversari, farà sedere il portiere e poi appoggerà il pallone al centravanti per il tap-in?

C’è stato un momento, felicissimo, durante il quale aspettavo con ansia la formazione ufficiale e non dovevo sorbirmi interminabili analisi sui perché l’allenatore abbia preferito un giocatore ad un altro; l’annuncio della formazione era solo l’inizio del conto alla rovescia verso la partita, che in cuor mio avremmo sicuramente vinto, e verso un pomeriggio di emozioni forti.

Tutto il calcio era emozione, più che raziocinio, e questa è forse la cosa che mi manca di più.

Oggi che gli osservatori da tastiera conoscono anche il terzino destro dell’Under 12 del Club più sperduto del campionato più sperduto del pianeta più remoto di un sistema ancora sconosciuto, è vietato essere sorpresi da un ragazzino che sbarca all’Arsenal: tutti sanno tutto di tutti.

Non ho vergogna ad ammettere che non sapevo chi fosse Francesc Fábregas Soler quando è arrivato a Londra ma mi sono bastati pochi minuti di un Arsenal-Rotherham del 2003 per capire che il ragazzino era un talento assoluto; oggi invece su YouTube girano compilation di qualsiasi giocatore, tutte accompagnate da musica imbarazzante e tutte costruite per dimostrare quanto il giocatore sarà la stella del futuro.

Fortuna che l’estate scorsa dal nulla è arrivato Gabriel Martinelli a smentire qualsiasi esperto del settore, mi sono sentito un po’ meno solo nella mia imperdonabile ignoranza.

Non posso definirmi un esperto di calcio ma oggi mi sento come Homer Simpson al quale hanno tolto il pastello a cera che aveva aspirato col naso ed era finito nel cervello: più colto ma molto più infelice.

Voglio tornare a credere religiosamente che William Saliba sarà il nuovo Franco Baresi, così come credevo che Philippe Senderos sarebbe stato il nuovo Tony Adams, che Henri Lansbury avrebbe preso in mano il centrocampo dell’Arsenal per dieci anni e che Frán Merida avrebbe vinto il Pallone d’Oro.

Voglio tornare a fidarmi dei miei occhi, anziché dell’ennesimo esperto del settore che ha analizzato tutti gli allenamenti di ogni giocatore sulla faccia della Terra e mi dice che uno è bravo e l’altro no; vorrei pensare meno e vivere il calcio in maniera più spontanea.

Vi prego, rimettemi quel dannato pastello a cera nel cervello!

@ClockEndItalia

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