Quarto di finale di Champions League contro un avversario di livello, prima partita competitiva dopo sei mesi di stop, differenza di forma fisica e minuti giocati nelle gambe, arbitraggio così così… OK, va bene tutto ma cercare giustificazioni alla partita di sabato sera è più deleterio della sconfitta stessa.
Abbiamo giocato male, that’s it!
Riconoscerlo è il primo passo, ragionare su cosa non ha funzionato e perché quello successivo.
COSA È SUCCESSO – MATCH REVIEW
Montemurro schiera in campo uno sperimentale 4-3-3. A destra esordio per Maritz che va a completare la linea di difesa formata da Williamson, Beattie e McCabe, mentre Evans torna al suo ruolo naturale di attaccante per comporre il tridente con Miedema e Mead. Centrocampo affidato a Little, Wälti e van de Donk impegnate sia in fase difensiva che in fase offensiva. E’ noto che il Paris Saint-Germain pressa alto con tre o addirittura quattro elementi e sulla carta l’idea del tecnico australiano sembra essere quella di sfruttare la velocità degli esterni e la versatilità del centrocampo per sorprendere ed aggirare i blocchi della formazione parigina.
Carta e campo però sono due cose diverse e già dai primi minuti è chiaro che non sarà una partita semplice. Il PSG fa quello che noi sappiamo fare meglio: crea gioco, gira palla in maniera intelligente senza mai buttarla via e pressa in ogni punto del campo quando deve recuperarla; l’Arsenal invece fa quello che l’Arsenal proprio non sa fare: lancio lungo a cercare l’attaccante e attesa quando è l’avversario ad impostare.
E come sempre accade quando decidi di rinunciare al tuo gioco per adattarti all’avversario, il risultato è un disastro.
Sulle palle alte arrivano sempre le avversarie, van de Donk costretta a rincorrere in difesa non può dare sfogo alla sua creatività e quando anche la luce di Kim Little si affievolisce il buio è totale.
Il goal del pari di Mead a fine primo tempo, viziato da fuorigioco, è stato solo un’illusione.
Se vogliamo trovare un difetto a Joe Montemurro credo sia proprio questo, sperimentare nelle partite in cui è meno opportuno farlo (il derby perso in casa con il Chelsea a gennaio è un doloroso esempio) e non intervenire tempestivamente per provare a cambiare le sorti della partita. Se escludiamo quella di Beattie per infortunio, tutte le altre sostituzioni sono state effettuate dopo il 75’, troppo tardi per una squadra fisicamente allo stremo e priva di idee. Se il primo gol delle francesi è infatti nasce da un’enorme svista difensiva di Williamson, il secondo è frutto soprattutto della stanchezza.
Situazioni di wengeriana memoria che capisci non ti mancano affatto nel momento in cui le rivivi, anche solo per una sera.
LE STATISTICHE FINALI – GAME-STATS-MATCH
Trovo le statistiche fini a sé stesse, troppo spesso raccontano una partita solo in parte ma ritengo giusto proporle per completezza d’informazione e perché, di nascosto, le guardo anche io.
Arsenal 1-2 Paris Saint-Germain
15’ Katoto (PSG), 39’ Mead (A), 77’ Bruun (PSG)
Arsenal
1. Zinsberger, 16. Maritz, 6. Williamson, 5. Beattie (-> 49’), 15. McCabe (-> 88’), 13. Wälti, 7. van de Donk (-> 88’), 10. Little ©, 17. Evans (-> 76’), 11. Miedema, 9. Mead (-> 76’)
Subs
24. Stenson, 8. Nobbs (<- 76’), 12. Catley (<- 88’), 14. Roord (<- 88’), 19. Foord (<- 76’), 20. Maier, 21. Gut, 22. Schnaderbeck (<- 49’), 27. Filis, 30. Mace
Paris Saint-Germain
16. Endler, 4. Dudek, 7. Bachmann (-> 74’), 8. Geyoro, 9. Katoto, 10. Nadim (-> 68’), 11. Diani (-> 88’), 12. Lawrence, 13. Dabritz, 14. Paredes ©, 31. Morroni
Subs
1. Voll, 40. Pinguet, 2. Simon, 5. Cook, 6. Luana, 15. Saevik, 18. Fazer, 21. Baltimore (<- 68’), 22. Bruun (<- 74’), 23. Huitema, 24. Formiga (<- 88’), 27. Khelifi
DOPO PARTITA – WHAT’S NEXT
Le grandi squadre fanno così, lavorano sugli errori per non ripeterli e perfezionano tutti quegli aspetti che invece funzionano. E ce ne sono tanti che non bisogna sottovalutare:
– Captain Little. A pieno regime è probabilmente tra le 5 giocatrici più forti al mondo. Si prende sulle spalle la squadra, trova spazi anche dove non ci sono e corre palla al piede creando il panico tra le file ben organizzate del PSG;
– Noëlle Maritz. Con il Wolfsburg ha vinto tutto, anche la Champions e già alla prima apparizione ci ha dato un assaggio della sua solidità e personalità. Assaggio che non deve aver gradito la danese Nadia Nadim, il cui talento è secondo solo alla sua simpatia (se sentite il motivetto di Pinocchio tranquilli è normale), che sui social fa sfoggio del suo cuor di leone ma in campo indietreggia;
– Steph Catley. Nei pochi minuti concessi da Montemurro il terzino australiano ha messo in luce le specialità della casa: totale controllo della fascia, ottima visione di gioco e lancio lungo preciso al millimetro;
– L’Arsenal. Sì, l’intera squadra perché non può bastare una serata storta per mettere in discussione quanto finora costruito. Abbiamo una rosa di qualità, composta da alcune delle migliori giocatrici al mondo e che in passato ha dimostrato di sapersi sempre rialzare dopo una rovinosa caduta. Lo faremo anche questa volta. Perché siamo l’Arsenal, non dimentichiamocelo mai!
Non tutto il male viene per nuocere e se oggi l’uscita prematura dalla massima competizione per club ci fa male, domani capiremo l’importanza che partite del genere hanno nella formazione di un gruppo solido, unito ed affamato di vittorie.
Voglio concludere facendo tanti auguri a Vic Akers fondatore ed ex allenatore dell’Arsenal Ladies oggi Arsenal Women, senza di lui l’Arsenal ed il calcio femminile in generale non sarebbero la stessa cosa.
Happy Birthday Vic e grazie!