
Mikel Arteta non è più l’allenatore dell’Arsenal.
Il Mirror ha davvero utilizzato questo titolo come lancio della notizia della “promozione” dello spagnolo, roba da non crederci.
Scherzi a parte, Mikel Arteta è stato il manager dell’Arsenal fin dal primo giorno, che fosse scritto nero su bianco oppure no; in nove mesi, lo spagnolo ha toccato tutti gli ambiti sportivi dell’Arsenal, andando ben al di là dell’aspetto tecnico e tattico del suo lavoro: ha trattato direttamente con i giocatori che avrebbe voluto in squadra, ha convinto la maggior parte dello spogliatoio ad accettare il taglio degli stipendi proposto dalla proprietà, ha convinto più giocatori ad accettare un prolungamento del contratto e ha instaurato una linea diretta con Per Mertesacker, direttore del settore giovanile, e Edu, direttore tecnico.
De facto, Mikel Arteta si è ripreso il ruolo che è sempre stato di Arsène Wenger.
De facto, la nomina di Mikel Arteta ha annientato completamente la rivoluzione fortemente voluta all’epoca da Ivan Gazidis, che per anni ha spinto affinché l’Arsenal abbracciasse un modello sportivo nel quale l’allenatore faceva l’allenatore e il direttore sportivo si occupava di osservazione e trattative – sia in entrata che in uscita.
L’Arsenal di oggi è in mano a tre figure di grande carisma e competenza, che conoscono il Club come le proprie tasche e sono vicini alla tifoseria, e che riescono a lavorare in sintonia, senza guerre di potere interne e gelosie varie – a differenza di Unai Emery, Sven Mislintat e Raúl Sanllehí.
Mikel Arteta è la figura centrale di questo nuovo triumvirato, il trascinatore capace di creare unità d’intenti attorno a sé – tutto ciò che Unai Emery non ha mai saputo essere – e gli altri due sono estensioni naturali di una stessa visione, ognuna nel proprio campo, impegnate a preservare l’importanza del progetto e soprattutto fornire gli strumenti (giocatori) adeguati, esternamente (Edu) e internamente (Mertesacker).
Laddove Unai Emery veniva schiacciato dalla personalità di Raúl Sanllehí, Mikel Arteta è dominante rispetto ai colleghi: ricordiamo tutti come Unai Emery volesse Steven N’Zonzi e Wilfried Zaha e si sia poi ritrovato con Lucas Torreira e Nicolas Pépé, un affronto per un qualsiasi allenatore ma non per il basco. Situazioni del genere non portano mai nulla di buono e sono la conseguenza di una scelta sbagliata – che sia quella dell’allenatore da mettere in panchina o del dirigente da mettere dietro alla scrivania.
Se il tuo allenatore di chiede Steven N’Zonzi (196 centimetri) e tu gli dai Lucas Torreira (165 centimetri) significa che a) il Club non si fida del giudizio dell’allenatore o b) il Club se ne frega delle indicazioni dell’allenatore. In entrambi i casi, sono tutti perdenti: il Club perché fà una figura barbina, l’allenatore perché si dimostra debole e il giocatore, che arriva già da indesiderato.
Con Mikel Arteta saldo al timone, nella sua nuova veste di manager, la catena di comando sembra molto più chiara e lineare di quanto non sia stata negli ultimi due anni, quindi l’impressione è che d’ora in avanti l’Arsenal tornerà ad essere un Club funzionale e funzionante.
Restano molti contratti pesanti da gestire e togliere dal libro paga, tanti giocatori in esubero da piazzare nonostante un mercato arido e una rosa virtualmente da ricostruire, quindi il lavoro dei nostri tre uomini principali non sarà dei più semplici, tuttavia spero che non ripeteremo più gli errori di gestione visti negli ultimi anni.
Verranno effettuate scelte dolorose e impopolari, la prima delle quali sarà la cessione di Emiliano Martínez all’Aston Villa, seguita magari da quella di Héctor Bellerín al Barcellona, almeno però saremo in grado di capire il perché e vedere con i nostri occhi quale sia il grande piano in atto.
Mikel Arteta è il nuovo manager dell’Arsenal.
Anzi, Mikel Arteta è il manager del nuovo Arsenal.