
Il rinnovo di Pierre-Emerick Aubameyang è finalmente ufficiale.
La firma era data per fatta da settimane, mesi, tuttavia ci è voluta una diretta Instagram per confermare, una volta per tutte, che il capitano rimane saldo alla guida della ciurma.
Una sensazione bellissima, ad essere onesti.
Se invece di un rinnovo del contratto si fosse trattato di un nuovo acquisto, il matrimonio tra l’Arsenal e Pierre-Emerick Aubameyang sarebbe stato visto come l’acquisto dell’estate, il colpo dell’anno, quindi è bene sottolineare l’ottimo lavoro svolto dal Club e da Mikel Arteta per convincere un giocatore del calibro del gabonese a rinunciare alla Champions League e a lottare per i traguardi più ambiziosi – almeno nell’immediato.
A 31 anni, Pierre-Emerick ha firmato l’ultimo grande contratto della sua carriera e lo ha fatto con l’Arsenal, una squadra che ha sì vinto FA Cup e Community Shield ma che è finita ottava in Premier League, il peggior risultato dal 1995 ad oggi.
Una scelta non propriamente scontata, in un universo che spinge i giocatori ad accumulare trofei nella speranza di essere ricordati, come se noi tifosi considerassimo esclusivamente il palmarès.
Non so come mai, da un bel pezzo a questa parte, sia nata questa ossessione tra i giocatori: vincere, vincere, vincere, anche a costo di fare i gregari e non vedere mai il campo; accumulare medaglie pur senza aver partecipato minimamente alla loro conquista.
A quale pro?
Per noi tifosi, contano la passione per il Club, il rispetto per la maglia, la relazione con i tifosi e l’impegno in partita, più o almeno quanto le medaglie; le nostre medaglie sono un saluto alle tribune all’ingresso in campo, una maglia sudata all’inverosimile e la voglia – sincera – di portare in alto il nome del Club.
Il bacio allo stemma e le dichiarazioni a mezzo stampa si possono costruire a tavolino, la grinta in campo invece no e il tifoso lo capisce al primo istante.
In epoche diverse e contesti diversi abbiamo vissuto lunghi periodi senza mai vincere un trofeo o un campionato, eppure alcuni dei giocatori di quel periodo sono diventati eroi moderni, mentre alcuni di quelli che hanno partecipato a vittorie e trionfi sono finiti nel dimenticatoio.
Senza farsi trascinare troppo nel sentimentale, la scelta di Pierre-Emerick Aubameyang ci vendica di tanti tradimenti passati: Thierry Henry, Cesc Fàbregas, Robin van Persie e Alexis Sánchez, tutti partiti alla ricerca di opportunità migliori.
Se l’attaccante francese è rimasto nei libri di storia del Club, gli altri sono finiti in archivio e porteranno sempre con sé il dubbio del cosa sarebbe potuto essere; lo spagnolo, l’olandese e il cileno avrebbero potuto assumere uno status ben superiore, ma per farlo avrebbero dovuto rinunciare a qualche medaglia.Questione di scelte, questione di priorità.
Pierre-Emerick Aubameyang ha fatto la propria scelta, quella che tutti noi speravamo facesse e che sotto sotto temevamo non avrebbe mai fatto: mettere la passione al primo posto.
Siamo ancora scottati dall’ultima saga contrattuale, quella che ha coinvolto Mesut Özil, quindi forse è prematuro sbilanciarsi ma l’impressione è che Pierre-Emerick Aubameyang abbia fatto il primo passo verso l’immortalità, firmando il rinnovo del contratto in un momento così delicato.
Con o senza ulteriori trofei, il gabonese si avvia verso la categoria dei grandissimi che hanno vestito la nostra maglia.
Grandi uomini ancor prima che grandi giocatori.