
Così proprio non va.
Dopo l’uscita di Bukayo Saka, infatti, la squadra non ha più trovato modo di creare spazi sulla trequarti e accelerare la manovra, oltremodo compassata: senza la scintilla del giovanissimo prodotto del vivaio, infatti, gli attaccanti hanno mostrato un immobilismo preoccupante – soprattutto centralmente, dove Alexandre Lacazette ha vissuto una serata da dimenticare.
Il tedesco, di rientro dall’infortunio patito in chiusura della scorsa stagione, si è confermato per quel che è e che è sempre stato, ovvero uno dei difensori con il peggior senso della posizione che io ricordi e pessimo nel leggere le situazioni di gioco: non sono servite le indicazioni di Gabriel, che più volte gli ha raccomandato di seguire Vardy mentre lui scalava su Ünder, scappato a Granit Xhaka, il tedesco ha trotterellato mentre l’attaccante inglese s’infilava centralmente per farsi trovare pronto sul cross del turco.
Spero vivamente che William Saliba sia mentalmente pronto al più presto, perché l’impiego di Shkodran Mustafi non è più sostenibile: in scadenza di contratto l’estate prossima, il tedesco si libererà a parametro zero e continuerà la sua carriera altrove, quindi di fatto appartiene già al passato.
Una sconfitta che brucia perché globalmente immeritata ma in qualche modo cercata: il Leicester aveva un solo piano, il contropiede, e con l’ingresso di Vardy avremmo dovuto sapere a cosa attenderci, ed invece siamo riusciti a farci sorprendere nella maniera più ingenua possibile, rischiando pure lo 0-2 qualche minuto dopo.
Un paio di note positive ci sono: un’altra prestazione impeccabile di Gabriel e il debutto in Premier League di Thomas Partey, l’unico tra i nostri centrocampisti a cercare con insistenza e spesso con successo un passaggio in verticale.
A proposito di talento sprecato, ormai vedere Pierre-Emerick Aubameyang in posizione di terzino di procura dolore fisico: il gabonese, encomiabile, lavora senza sosta per la squadra ma si ritrova lontanissimo dalla porta, spesso con due o tre avversari a controllarlo.
Allora, io posso capire la necessità di trovare equilibrio in difesa, di proteggere al meglio la porta di Bernd Leno e d’interrompere una tradizione che ci vuole troppo aperti tra centrocampo e retroguardia ma non posso più vedere un Arsenal così sterile e così immobile.
Una squadra con Pierre-Emerick Aubameyang, Bukayo Saka, Nicolas Pépé e Gabriel Martinelli (quando tornerà) deve giocare un calcio molto più diretto e meno elaborato, deve vivere di fiammate improvvise e continui cambi di posizione e di ritmo, se vuol creare grattacapi agli avversari.
Così proprio non va, ci vuole coraggio.