I fantasmi del passato.

La sconfitta contro il Leicester sta lasciando strascichi anche 48 ore dopo, almeno in me, fan deluso da una prestazione orribile e da un risultato purtroppo giusto.

L’Arsenal, reduce dalla brutta vittoria in quel di Vienna contro il Rapid, ha riaperto le porte dell’ Emirates per il match contro il Leicester di Brendan Rodgers, impegnato nel turno di infrasettimanale in casa contro gli ucraini dello Zorya e falcidiato dalle assenze del perno difensivo Çağlar Söyüncü, del mediano nigeriano Wilfried Ndidi, di capitan Wes Morgan, del terzino portoghese Ricardo Pereira e di Jamie Vardy, almeno da inizio partita.

 
Arteta, sorprendentemente viste le dichiarazioni post-Europa League in cui annunciava il centellinamento di Thomas Partey, ha mandato in campo il centrocampista africano al fianco di Granit Xhaka e dell’ acciaccato Ceballos, formando così un centrocampo a tre inedito.

Questa chiave tattica si è poi rivelata fatale ai fini della prestazione e del risultato.

Schieratosi con otto/nove giocatori difensivi, l’Arsenal ha condotto un possesso palla sterile, fine a se stesso, poco creativo.
 

Come si può notare dalla grafica che raffigura le posizioni medie occupate in campo, Granit Xhaka ha occupato la posizione di centrale di sinistra nella difesa a tre così da favorire l’ inizio azione e la spinta del duo mancino Tierney – Saka.
Gabriel e Luiz, i due centrali difensivi di ruolo, sono risultati gli uomini creativi della giornata, avendo tentato più di una volta di bypassare il centrocampo (ben marcato da Praet e Mendy, istruiti da Rodgers di schiacciare l’ Arsenal con pressing costante e marcature preventive) con passaggi lunghi.

Isolati nel nulla Aubameyang e Lacazette. Il gabonese, in posizione da guardalinee, ha trascorso gran parte del match ad attendere una palla giocabile dalle parti della East Stand prima e la West Stand poi [0 tiri in porta in 90 minuti], Lacazette invece si è visto annullare un goal regolarissimo per fuorigioco passivo di Xhaka, per poi fallire più di una grande chance. Gli errori dell’ex Lione iniziano a diventare tanti, frequenti e decisivi: che sia giunto il momento di farlo accomodare in panchina, accentrando Aubameyang, inserendo alle sue spalle giocatori creativi?

La creatività appunto.

Arteta mi ha deluso proprio su questo punto. L’ Arsenal post- Emery è migliorato tanto dal punto di vista strutturale, avendo i calciatori lavorato sull’ organizzazione difensiva e sulla fase di build-up dalla difesa, ma in attacco gli ingranaggi non girano.

Le sorti offensive dei Gunners sono legati a doppio filo alle giocate individuali degli assi offensivi.

Schierare otto giocatori difensivi, così come successo contro il Leicester, ha fatto sì che in me iniziassero a nascere i dubbi.

Io, abituato allo champagne football di Arsène Wenger e di allenatori verso la quale nutro una profonda stima come Bielsa, Guardiola, De Zerbi, Nagelsmann, Tuchel e Luis Enrique, ho mal digerito la sterilità dei Gunners.

Il buco che sistematicamente si viene a creare tra centrocampo ed attacco, riempito in qualche circostanza da Lacazette, è un attacco al cuore. L’Arsenal necessiterebbe disperatamente di un numero dieci capace di collegare i reparti ed orchestrare la manovra offensiva.

Purtroppo l’uomo che farebbe al caso di Arteta le partite le guarda in televisione, reo secondo l’allenatore di impegnarsi poco in allenamento, ma la verità purtroppo è lampante e risaputa.
E’ di ieri uno screen riassuntivo di Arsenal Review sulle chance create dai calciatori dal debutto dell’ ex collaboratore di Pep Guardiola in poi. Sapete chi guida la classifica? Il giocatore citato prima, seduto in poltrona da prima del lockdown, quando nel match contro il West Ham liberò Lacazette davanti a Fabianski con un colpo di testa.

Come ovviare dunque alla sterilità offensiva? Qualche soluzione c’è.

Nel secondo tempo della partita contro lo Sheffield United, l’Arsenal ha sbloccato il risultato giocando con il 4-2-3-1. Nicolas Pèpè, decisivo, schierato nel ruolo di “ala” destra; Willian centrale; Bukayo Saka a sinistra; capitan Aubameyang in attacco.

Perché non riproporre questo piano di gioco? Perché contro il Leicester si è preferito scendere in campo con un atteggiamento ultra-difensivo.

Molti diranno che non era possibile per il problema fisico che ha tenuto Willian ai box. C’è Nelson.

Reiss Nelson è un giovane talento che ha già dimostrato di poterci stare nella rosa dell’Arsenal. Quanto tempo dovrà passare prima che il talentino inglese si stufi di stare nelle retrovie, chieda di essere ceduto e vada ad esplodere altrove, regalando a noi tifosi un senso di déjà-vu già provato con Serge Gnabry?

Bennacer, Reine-Adélaïde, Musah ed appunto Gnabry ne sono l’esempio. Quattro giovani talentuosi che in questo Arsenal troverebbero sicuramente posto.

Non vorrei che questo nuovo Arsenal, quello di Arteta alla guida della prima squadra, di Mertesacker promosso a capo di una academy che nel weekend ha mandato in campo una squadra con soli quattordici giocatori ed un difensore centrale come portiere, di Edu come direttore sportivo, di Vinai come CEO e Josh Kroenke come padre padrone, mi faccia ritornare in mente recenti periodi bui.

Domenica, guardando lo scempio di un possesso palla noioso, mi si son parati davanti fantasmi che pensavo di aver scacciato. In panchina ho rivisto l’ombra di Unai Emery. Nelle parole di Arteta ho risentito le stesse scuse e le stesse frasi fatte. In campo non c’era il Leicester, ma l’Huddersfield di Wagner [match che fu risolto da un’ acrobazia di Torreira] oppure il Palace di Hodgson.

In quelle due occaisoni mi resi conto di quanto Emery fosse inadatto al ruolo, che le sue parole erano state fuffa e che quell’Arsenal non avrebbe prodotto nulla di buono.

Tremo al sol pensiero di poter aver di nuovo ragione.

Intanto continuo la ricerca spasmodica di vecchi filmati. E’ lì, nel passato, che rivedo il mio Arsenal. L’Arsenal del calcio champagne, l’Arsenal ammirato anche dagli avversari, l’Arsenal di Arsène Wenger.

Alla settimana prossima. Old Trafford sarà già un turning point.

@MaxiGooner

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