
Una presenza da titolare, appena 288 minuti passati in campo, un gol, zero assist, zero occasioni create.
Mister 80 milioni non è ancora riuscito a fare la differenza, in Premier League, o per lo meno non con sufficiente continuità; dopo la splendida prestazione in finale di FA Cup, dove ha pure segnato il più bel gol mai annullato sul prato di Wembley, tutto sembrava indicare che l’ivoriano fosse pronto a prendere per mano la squadra.
Poi è arrivato Willian.
Nella logica naturale delle cose, il brasiliano doveva essere un’ottima alternativa, un giocatore capace di portare esperienza, garantire un possesso palla proficuo e magari l’elemento che avrebbe permesso di spostare Pierre-Emerick Aubameyang in posizione centrale.
Il nocciolo della questione, a sentire Nico, è semplice: “Mikel Arteta si aspetta che io resti concentrato per tutti i novanta minuti”
Ad ascoltarlo, sembra essere sorpreso e rassegnato, come se la richiesta dell’allenatore fosse inabituale e come se sapesse di non poter dare garanzie, in quel senso.
Non è molto rassicurante sentire uno dei giocatori più pagati al mondo ammettere, più o meno velatamente, di non poter restare concentrato per tutta la partita; non è certamente l’unico a non riuscirci ma purtroppo l’aspetto mentale spesso è quello che separa i buoni giocatori dai campioni.
Una fiammata improvvisa, a far innamorare tutti, poi l’invisibilità; una manciata di partite giocate bene, con l’intensità giusta, e poi lunghe traversate del deserto.
Possiamo permetterci questo Nicolas Pépé, oggi?
Sono combattuto: da una parte abbiamo bisogno della sua creatività, della sua imprevedibilità e del suo talento offensivo, unico nella rosa a disposizione di Mikel Arteta; dall’altra, ci siamo appena sbarazzati di un altro giocatore deliziosamente discontinuo, che attraversava troppe partite senza lasciar traccia. Perché dovremmo ricominciare proprio adesso?
Nonostante alcuni pettegolezzi che circolano da ieri in Italia, Nicolas Pépé non è sul mercato – almeno non per il momento; l’ivoriano, che ha vissuto una prima stagione in Premier League che non vorrei nemmeno per il mio peggior nemico, merita di avere una seconda possibilità e di provare a giocarsi tutte le carte, prima di essere messo alla porta. Per farlo, però, dovrà innanzitutto dimostrare di essere pronto a livello psicologico, oppure il suo destino è segnato.
Vorrei vedere un Nicolas Pépé più sbrigativo nei pressi dell’area di rigore, aiutato da una squadra più incline a combinare palla a terra e permettergli di trovare il ritmo giusto e penetrare in area, prima di concludere col sinistro.
Vorrei che Nicolas Pépé avesse la stessa furia del cileno, al quale si può imputare di tutto tranne che di non provarci con ogni forza, in ogni frangente.
Come Nicolas Pépé, Alexis Sánchez era spesso il giocatore dell’Arsenal che perdeva più palloni ma anche quello in grado di accendere la scintilla con una giocata, più e meglio di Mesut Özil. Senza la sua feroce imprevedibilità, ci saremmo spesso ritrovati a far circolare il pallone in maniera sterile, incapaci di rompere le barricate altrui; grazie alla sua volontà di far accadere qualcosa, invece, spesso si aprivano varchi insperati e tutta la manovra offensiva s’incendiava.
Ovviamente non funzionava a colpo sicuro ma aiutava comunque i compagni a trovare uno spazio, un inserimento pericoloso, perché ciò che rendeva Alexis Sánchez così speciale era il suo stile tremendamente essenziale: saltava l’uomo solo per concludere a rete o passare il pallone, mai un ricamo di troppo, mai un eccesso di fantasia.
Se Nico riuscisse, anche solo in parte, a raccogliere l’eredità di Alexis Sánchez, allora sì che avremmo un giocatore da 80 milioni, tra le mani.
Per farlo, però, servono concentrazione e determinazione. Ce la farà, il nostro Nico?