
…e se si fossero sbagliati alla grande?
E se si fossero sbagliati alla grande?
Da quel 20 aprile 2018, data alla quale Arsène Wenger e l’Arsenal hanno deciso di separarsi, abbiamo tutti sperato – a più riprese – di assistere ad una nuova alba, un nuovo inizio.
il vecchio Arsène non si fidava dei consigli di StatDNA, non voleva saperne di un Direttore Sportivo, era reticente ad ascoltare i consigli del suo staff o a rinnovarlo, preferendo spesso la continuità e soprattutto la docilità.
La decisione era presa, Arsène Wenger doveva andarsene per permettere all’Arsenal di atterrare finalmente nel futuro. Ivan Gazidis, affiancato da Raúl Sanllehí e Vinai Venkatesham, aveva così premuto il bottone nucleare sotto la sua scrivania e decretato il Nuovo Inizio.
Sono passati due anni e mezzo, che son sembrati due secoli, e di quella rivoluzione sono rimaste solo le macerie: Raúl Sanllehí, l’uomo con gli agganci giusti, è stato silurato e con lui l’esperto negoziatore Huss Fahmy, che avrebbe dovuto porre fine agli stipendi insensati pagati dal Club e interrompere la tradizione che vedeva il Club perdere regolarmente un paio di giocatori a parametro zero; Sven Mislintat, l’uomo dagli occhi di diamante che avrebbe dovuto scoprire i migliori talenti d’Europa, è andato via dopo meno di un anno, vittima dei giochi di potere di Raúl Sanllehí; lo stesso Ivan Gazidis, colui che avrebbe dovuto guidare il “nuovo” Arsenal, ha abbandonato il Club appena quattro mesi dopo l’annuncio della separazione con Arsène Wenger, passando al Milan.
Nel lasso di tempo trascorso tra l’addio di Arsène Wenger e oggi, abbiamo avuto la parentesi Unai Emery, nata male e finita peggio, il traghettatore Freddie Ljungberg abbandonato a sé stesso, senza nemmeno l’ombra di uno staff, l’avvento di Mikel Arteta; abbiamo visto Jack Wilshere, Santi Cazorla, Aaron Ramsey, Danny Welbeck e Henrikh Mkhitaryan partire a parametro zero; abbiamo visto arrivare Lucas Torreira dalla Sampdoria, per quasi 30 milioni di euro, poi spedito in prestito all’Atletico Madrid dopo due stagioni; abbiamo preso in prestito Denis Suárez per poi non farlo quasi mai giocare; abbiamo prelevato David Luiz dal Chelsea per palliare l’addio tumultuoso di Laurent Koscielny, arrivato allo scontro frontale con Unai Emery ed il Club: Laurent Koscielny, il capitano, il professionista esemplare che non si è mai tirato indietro e ha sempre dato tutto per la causa, senza alzare mai la voce, è arrivato allo sciopero pur di lasciare il Club; abbiamo assistito alla pantomima che ha circondato l’acquisto di Pablo Marí, difensore spagnolo senza arte né parte che è stato riscattato nonostante qualche infortunio di troppo e poche garanzie, vedendosi offrire un quadriennale; abbiamo accolto, nella stessa maniera, il portoghese Cédric Soares, in un ruolo nel quale avevamo già sia Héctor Bellerín che Ainsley Maitland-Niles, oltre al promettente Jordi Osei-Tutu; abbiamo assistito all’avvento di Edu, l’ex gloria che si è costruito una carriera da dirigente grazie a relazioni pericolosamente strette con gli agenti più influenti e chiacchierati del mondo; abbiamo ballato assieme a Raúl Sanllehí quando è stato annunciato l’acquisto di Nicolas Pépé dal Lille, per una cifra vicina agli 80 milioni di euro – un giocatore che oggi fatica a ritagliarsi un posto da titolare in squadra; abbiamo visto Mattéo Guendouzi e soprattutto Mesut Özil ostracizzati, esclusi dal gruppo; abbiamo provato a dare un senso all’acquisto di Willian, ex-Chelsea, al quale è stato concesso un contratto triennale nonostante i 33 anni d’età.
E se si fossero sbagliati alla grande?
Nicolas Pépé
La lista dei 10 giocatori più cari della nostra storia è piena di comparse, giocatori che hanno reso come avrebbero potuto, acquistati forse in maniera frettolosa e sicuramente senza un piano tattico in mente: Unai Emery chiede Wilfried Zaha ma il Club acquista Nicolas Pépé; Unai Emery chiede Steven N’Zonzi ma il Club acquista Lucas Torreira; Unai Emery spinge per Éver Banega ma il Club non sente ragioni.
Oltre 320 milioni investiti in tre stagioni e una squadra che finisce decima, subisce un’umiliazione storica in finale di Europa League ma soprattutto inizia la sua ennesima rivoluzione – sul campo o tra le scrivanie.
Ai piani alti non sono stati capaci di organizzare una transizione annunciata da almeno due anni, scommettendo ogni volta sui cavalli sbagliati e dimostrando un’incapacità quasi amatoriale; non sapendo cosa scegliere, Ivan Gazidis ha preferito non scegliere e si è affidato ad un tecnico pragmatico, affidandogli però una rosa inadeguata al proprio stile e non sostenendolo mai a dovere.
Si sono sbagliati alla grande e non è dato sapere per quanto tempo ancora pagheremo quegli errori.