Nicolas Pépé non è uno stupido – Nicolas Pépé ha fatto una cosa stupida.
Non fosse stato per quel monitor, probabilmente il fatto sarebbe passato inosservato sul campo, per poi essere discusso all’infinito nell’immediato post-partita; non voglio giustificare Nicolas Pépé ma l’utilizzo del VAR è ormai scappato di mano, almeno in Premier League.
Gli stadi vuoti non hanno attenuato questa sorta di “obbligo morale” di prendere una decisione severa, l’arbitro sembra aver deciso ancor prima di arrivare davanti allo schermo.
Prendiamo l’esempio di Nicolas Pépé: lui e Alioski si erano già provocati, strattonati, spinti nei minuti precedenti al fattaccio, dopodiché l’ivoriano si è avvicinato al macedone e ha letteralmente appoggiato la sua fronte a quella dell’avversario.
A costo di suonare retrogrado, devo confessare che trovo stucchevole la retorica buonista che avviluppa ormai interamente il calcio europeo. Ne riporto un esempio – uno dei tanti – che conferma una deriva che non condivido e che, implicitamente, rende accettabile il comportamento degli Alioski di questo mondo, i quali approfittano spudoratamente di un regolamento lacunoso, dimostrando una mancanza di sportività e correttezza (aggiungerei anche dignità) per me molto più gravi della presunta aggressione perpetrata da Nicolas Pépé:
I can’t really muster any sympathy for players who get sent off for what Pepe did. They absolutely know the consequences. It’s not a grey area, and it never has been – you do that, you walk.
— gunnerblog (@gunnerblog) November 22, 2020
Non serve tornare ai comportamenti criminali di Vinnie Jones e della crazy gang del Wimbledon, però sarebbe bello se i protagonisti ritrovassero un minimo di dignità e amor proprio, anziché ergersi a martiri e attaccarsi ai vuoti giuridici del regolamento attuale per approfittare del sistema, nemmeno fossero tanti Lionel Hutz.
Il VAR, inizialmente creato per smascherare i furbetti del campetto, ha finito per creare dei super-furbetti, che hanno capito molto presto come utilizzare l’assistenza video a proprio vantaggio; gli Harry Kane della Premier League non solo simulano quanto prima senza venire mai puniti ma hanno imparato a chiedere immediatamente all’arbitro di andare a vedere il monitor, ben consapevoli che le immagine della moviola potrebbero deporre in loro favore.
Per capire cosa intendo, andate a ripescare la partita contro il Manchester United a Old Trafford e osservate il comportamento di Matić in occasione dell’intervento in scivolata di Gabriel: il primo riflesso del serbo è di chiedere all’arbitro di controllare con il VAR; Mike Dean dice che non è fallo, il centrocampista insiste a chiedere che controlli con il video, sicuro che l’arbitro possa o addirittura sia obbligato a cambiare la propria decisione: d’altronde, andando a spulciare ogni fotogramma, prima o poi un contatto lo trovi: i piedi che si incrociano e sembrano toccarsi per via della prospettiva, una mano appoggiata sulla spalla che diventa una spinta evidente e così via.
Attenzione però a non sbagliare colpevole, in questa situazione: la tecnologia è buona, purtroppo però il modo in cui viene utilizzata è terribile.
Se sbagliare in quella frazione di secondo che passa tra l’evento e il fischio è umano, non avere il coraggio di sottrarsi alla pressione esterna ogni volta che si consulta il monitor è ingiustificabile: sono pronto a scommettere che se Anthony Taylor avesse visto in diretta quel che stava accadendo tra Nicolas Pépé e Alioski, il cartellino sarebbe stato giallo e non rosso.
Nicolas Pépé ha sicuramente sbagliato ma non meritava quel rosso, figlio dell’ipocrisia e della vigliaccheria di un sistema arbitrale sempre meno all’altezza.