Oh mamma mamma mamma, Oh mamma mamma mamma, sai perchè mi batte il corazón? Ho visto Maradona, Ho visto Maradona, Oh! Mamma! Innamorato son!
Era il 1982 e Diego Armando Maradona sarebbe dovuto essere un giocatore dell’Arsenal, non fosse stato per l’arrogante miopia del segretario di allora della Football Association, Graham Kelly: “Non voglio che a giocatori non europei vengano concessi permessi di lavoro per i prossimi due anni”
Come se Diego Armando Maradona fosse mai stato “un giocatore”.
A 22 anni aveva già vinto due volte il Pallone d’Oro sudamericano, era diventato capocannoniere in campionato per tre volte, aveva accumulato 24 presenze in Nazionale, segnando 11 gol e, a sentire pubblico e critica, avrebbe dovuto prendere parte al primo Mondiale vinto dall’albiceleste, nel 1978.
Però Graham Kelly da Blackpool non voleva giocatori così, in First Division, perché stranieri.
Così Diego Armando Maradona è andato a Barcellona, poi a Napoli, a Siviglia, al Newell’s Old Boys e infine al Boca Juniors, per concludere una parabola che inevitabilmente porta con sé tanti rimpianti. Per noi tifosi, forse, ma di certo non per lui: Diego Armando Maradona ha vissuto al massimo ogni singolo giorno della sua carriera – e della sua vita – senza scendere mai a compromessi con sé stesso; per questo motivo, Diego Armando Maradona è spesso stato il “cattivo” della storia, soprattutto in Serie A, ed è diventato il nemico pubblico numero uno per i vertici calcistici nazionali ed internazionali.
Diego Armando Maradona era il calciatore che, in segreto, avrei voluto essere: per essere cresciuto in una famiglia milanista tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90, ho vissuto da vicino il duello tra Milan e Napoli e Diego Armando Maradona era il nemico, la nemesi di Marco van Basten. L’olandese era impeccabile dentro e fuori dal campo, elegante nei movimenti, armonioso nel modo di colpire il pallone e rifletteva, assieme ad una freddezza quasi robotica, l’immagine dell’atleta perfetto; Diego Armando Maradona invece era l’opposto: basso, tracagnotto, il capello sempre arruffato, sguaiato e spaccone, era il bulletto del quartiere che non prendeva niente e nessuno sul serio, tranne il fútbol.
Marco van Basten è stato il mio primo idolo in assoluto ma lo vedevo come un corpo estraneo, una sorta di alieno arrivato a Milanello che nulla aveva da spartire con i calciatori “umani”: era alto ma agile, bravo con entrambi i piedi, forte di testa, capace di finalizzare ma anche di creare occasioni per i compagni, era umile. Non aveva nessun difetto. Era perfetto, troppo perfetto. Diego Armando Maradona invece era un uomo decisamente imperfetto, una sfida vivente all’élite calcistica con i suoi modi fin troppo schietti; Diego Armando Maradona era un essere umano con tutti i difetti del mondo e un paio di pregi tra i più importanti: un sinistro incredibile e un cuore grande. Per dire, pensavo di poter essere Diego Armando Maradona ma non ho mai pensato di poter essere Marco van Basten, perché l’argentino era umano e l’olandese no.
Diego Armando Maradona era una grande gueule, per dirla alla francese, uno che diceva quel che pensava, di tutto e di tutti; Diego Armando Maradona però, oltre a parlare molto, era uno che in campo faceva sempre la differenza – a livello tecnico e a per i compagni; Diego Armando Maradona non era il classico numero 10 tutto genio e sregolatezza che si limitava alla giocata estemporanea, preceduta e seguita da lunghissime pause: Diego Armando Maradona si caricava la squadra e i compagni sulle spalle, si ergeva a paladino degli oppressi (la sua squadra) contro i tiranni (qualsiasi avversario, a qualsiasi livello) e infondeva una fiducia tale alle sue truppe da renderle fermamente convinte di essere invincibili. Diego Armando Maradona prendeva più botte che un trequartista di terza categoria ma andava a terra solo quando proprio non poteva continuare la sua avanzata, che fosse in piedi, a gattoni, in equilibrio sulla punta di un piede o rotolando letteralmente oltre l’ostacolo. Solo a vederlo rialzarsi ogni volta, i suoi compagni prendevano coraggio e i suoi avversari morivano piano piano di paura: Diego Armando Maradona si rialza sempre, non importa quanto forte puoi colpire; Diego Armando Maradona è inevitabile.
La bassa estrazione sociale, il percorso difficile, il fisico goffo e inadeguato al calcio professionistico e la sua indole ribelle hanno reso Diego Armando Maradona il bersaglio ideale per la borghesia calcistica europea, trasformandolo però anche in un eroe popolare, una sorta di Robin Hood calcistico che saputo creare un legame viscerale con i suoi tifosi, tanto da polarizzare completamente il dibattito che ha accompagnato ogni sua ascesa e ogni sua caduta.I suoi detrattori lo hanno sempre atteso al varco, ogni volta che ha commesso qualche nefandezza, e bollato come il “drogato”; i suoi tifosi lo hanno difeso a qualsiasi costo e atteso speranzosi che si rimettesse in piedi, ogni volta. Lui non ha mai tradito né gli uni, né gli altri, cadendo regolarmente e rialzandosi con altrettanta regolarità, perché Diego Armando Maradona non è mai stato nessun altro che Diego Armando Maradona.
Oh! Mamma! Ho visto Maradona