Lavagna Tattica / Arsenal v Wolverhampton

Terza sconfitta interna consecutiva in Premier League e tanti brutti presagi.
La sfida interna contro i Wolves lascia un retrogusto molto amaro in bocca, sia per il risultato che per la prestazione, collettiva e individuale.

In un impeto di sadomasochismo, mi sono inflitto l’inutile penitenza di riguardare la partita e provare a trovare qualche spunto interessante, mettendo in pratica gli insegnamenti di Benedetto Greco di Calcio Tactics.

IL MODULO

Mikel Arteta ha mandato in campo la squadra con un 4-2-3-1 che si è quasi immediatamente trasformato in un 4-1-4-1, con Granit Xhaka davanti alla difesa e il duo Ceballos-Willock più avanzati.
 
L’idea di Mikel Arteta, sulla carta, era quella di creare delle catene composte da tre uomini, su ogni fascia, e provare a creare una superiorità numerica sugli esterni.
In fase di non possesso palla, Dani Ceballos si è spesso abbassato per dare man forte a Granit Xhaka davanti alla difesa, mentre Joe Willock restava più alto a disturbare la manovra dei Wolves.

Pochi i cambiamenti di modulo durante la partita, anche quando Alexandre Lacazette ha sostituito Granit Xhaka: in quel frangente, Dani Ceballos e Joe Willock hanno formato la cerniera di centrocampo, con l’attaccante francese a fare da trequartista/seconda punta.

LO STILE DI GIOCO

Come detto, l’idea di Mikel Arteta era quella di attaccare sugli esterni, dove Héctor Bellerín e Kieran Tierney andavano regolarmente a supportare Willian e Bukayo Saka, sovrapponendosi quasi ad ogni occasione; in teoria, sia Joe Willock che Dani Ceballos avrebbero dovuto offrire angoli di passaggio rispettivamente sul centro-sinistra e sul centro-destra, in modo da favorire il movimento ad accorciare dell’attaccante esterno e l’inserimento nello spazio del terzino, ma di fatto andavano a sovraccaricare le aree di competenza, creando degli ingorghi anziché favorire la circolazione di palla.

Un grosso problema, che ha finito con l’isolare Pierre-Emerick Aubameyang e creare una voragine sulla trequarti, oltre a lasciare praterie per Neto e Traoré.

Il solito spartito “inserimento-cross basso all’indietro-tap in” non ha quindi funzionato, immediatamente intuito da un avversario molto ben organizzato.
 

TOP & FLOP

Pur avendo funzionato troppo di rado, il giochino dell’inserimento alle spalle dell’esterno avversario è sfociato nelle due occasioni più nitide della serata: l’anticipo disperato di Coady su Aubameyang e la volée mancata da Bukayo Saka, entrambe propiziate dai terzini.

In entrambe le occasioni, il centrocampista centrale è riuscito ad avanzare nel mezzo-spazio e imbeccare Héctor Bellerín o Kieran Tierney, inseritisi nello spazio lasciato libero dal centrocampista. Peccato non aver capitalizzato due ottime occasioni.


Purtroppo le cose che hanno funzionato si fermano qui, perché l’avversario ha avuto vita facile nel crearci grattacapi e i nostri, a livello individuale più che a livello collettivo, hanno regalato troppi spazi e troppe opzioni agli uomini di Espírito Santo.

Innanzitutto le distanze tra i reparti erano troppo ampie, soprattutto a centrocampo dove Dani Ceballos e Granit Xhaka erano regolarmente ad una decina di metri l’uno dall’altro – troppi; la pressione sul portatore di palla è stata spesso troppo blanda, come si è potuto vedere in occasione del primo gol dei Wolves: Podence riceve palla sulla trequarti e Granit Xhaka è troppo lontano, quindi il portoghese può lanciare Traoré in uno contro uno con Kieran Tierney e mettere in mezzo il pallone da cui scaturisce il gol di Neto.


Sempre in questo frangente, David Luiz commette una leggerezza facendosi attrarre dal movimento molto intelligente di Fábio Silva, che trascina il brasiliano lontano dal centro dell’area a spiana la strada al colpo di testa di Dendoncker, ribadito poi in rete da Neto.

Errori individuali che fanno doppiamente, triplamente rabbia perché commessi da giocatori esperti, già colpevoli in passato di dormite del genere.


CONCLUSIONI
Riguardando la partita a mente fredda, la prestazione è meno peggio di quanto non fosse sembrata subito dopo il fischio finale ma, ancora una volta, abbiamo commesso errori in fase difensiva e leggerezze individuali che hanno permesso agli avversari di portare a casa i tre punti.

Sono mancate coordinazione, comunicazione e intesa in fase di non possesso palla, mentre la fase offensiva si è limitata ad un solo schema, una sola opzione ben presto arginata dalla difesa del Wolverhampton.


Mikel Arteta, pur non brillando per scelte e tempi di reazione, è stato tradito da alcuni tra i senatori della squadra: Granit Xhaka è apparso perfino più lento del solito, David Luiz ha commesso l’ennesimo errore di posizionamento, Héctor Bellerín non ha saputo far fronte alla vivacità di Neto e davanti Pierre-Emerick Aubameyang non ha dato l’impressione di impegnarsi abbastanza per ricevere il pallone e creare pericoli; non è nel suo stile, non è il suo gioco ma il gabonese è apparso indiscutibilmente svogliato, soprattutto nel primo tempo.

Fortuna che arriva l’Europa League, giovedì, lì almeno possiamo sperare di divertirci un po’.

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