Oh, to be a Gooner!

– “Per che squadra tifi?” 
– “Arsenal” 
– “No! Intendo in Italia” 
– “Nessuna. Tifo Arsenal.” 
– “…”

Sono l’unico tifoso dell’Arsenal ad aver sostenuto un dialogo del genere, ad un certo punto? Non credo.
Non è semplice spiegare quando, come e perché siamo diventati tifosi dell’Arsenal: salvo casi eccezionali, non c’è un retaggio familiare ad averci spinti verso il famoso red&white, non c’è la vicinanza geografica a giustificare la scelta.

Per quelli meno giovani, non è stata nemmeno la quantità industriale di calcio trasmesso in TV o via streaming a far scattare la scintilla.

È successo, un giorno.

Ci sono mille motivi per amare l’Arsenal: Highbury, la maglia, il cannone sul petto, una lunga lista di calciatori incredibili e di personaggi memorabili, tante partite indimenticabili – nel bene come nel male – e un paio di manager che hanno lasciato un segno indelebile nella storia di uno dei Club più nobili del calcio europeo. Per tanti di noi, galeotto fu Febbre a 90° di Nick Hornby, sotto forma di romanzo e/o di film, che ha introdotto l’Arsenal al grande pubblico italiano. Un romanzo formativo, uno dei più belli mai scritti sul mondo del calcio, la nostra laicissima Bibbia.

Chi, come me, ha iniziato ben prima dell’avvento delle pay-TV e di internet, ha avuto vita dura nel trovare notizie e aggiornamenti sui risultati della squadra: c’era televideo, qualche articolo sui magazine sportivi degli anni ‘90 e una faticosa caccia ai quotidiani inglesi in ogni edicola della città. Una passione forgiata attraverso fatica e sofferenza, frenetica ricerca di informazioni e un alone di mistero e romanticismo costruito attorno alla squadra e alle partite, data l’impossibilità di vedere con i propri occhi cosa succedeva dalle parti di Highbury.

Negli anni, ci sono stati tanti giocatori che hanno catturato la nostra immaginazione e ci hanno avvicinati alla squadra: Tony Adams, Michael Thomas, Paul Merson, Ian Wright, David Seaman, Dennis Bergkamp, Marc Overmars, Patrick Vieira, Emmanuel Petit, Nicolas Anelka, Thierry Henry, Robert Pirès, Freddie Ljungberg, Cesc Fàbregas, Robin van Persie, Kolo Touré, Emmanuel Adebayor, Tomas Rosičky, Jack Wilshere, Aaron Ramsey, Santi Cazorla, Alexis Sánchez, Mesut Özil e chissà quanti altri.

A fare la differenza, però, spesso è stata una cocente delusione: una sconfitta bruciante, una finale persa, un appuntamento importante mancato ed ecco che tutti, in un modo o nell’altro, ci siamo scoperti troppo arrabbiati per una squadra che, in fin dei conti, si trova a migliaia di chilometri di distanza. In quel preciso istante, mentre ci chiedevamo perché fossimo così arrabbiati per una squadra che conoscevamo appena, ci siamo dati l’unica risposta plausibile: perché quella squadra era la nostra squadra.

La fede calcistica non si sceglie, è lei che sceglie te. C’è un preciso momento in cui rimaniamo folgorati come San Paolo sulla via di Damasco, il momento in cui arriva l’illuminazione che ti cambia la vita. Prendendo in prestito le parole del grande Giorgio Gaber “qualcuno era juventino/milanista/interista/romanista/napoletano” e poi improvvisamente ha visto la Luce.

Non c’è più la serie A, non ci sono più i colori che abbiamo ereditato dalla famiglia ma c’è solo il rosso e bianco dell’Arsenal; Match of the Day ha sostituito le trasmissioni calcistiche italiane (esistono ancora?); il Guardian e Arseblog hanno rimpiazzato la Gazzetta dello Sport e ci ritroviamo in un’altra dimensione.

Non è sempre facile, perché d’improvviso siamo tagliati da qualsiasi chiacchiera da corridoio: i pochi, coraggiosi, che provano a parlare di Premier League spesso cadono in strafalcioni clamorosi, mentre non ci viene più chiesto il nostro parere sul Milan, l’Inter, la Juventus e compagnia bella. A volte ci si sente emarginati ma, pensandoci bene, non siamo così pochi: c’è tutto un microcosmo là fuori di persone che hanno il nostro stesso problema e non vedono l’ora di poter chiacchierare con un loro simile.

Quando ho imbastito questo blog l’ho fatto per avvicinare tutti coloro i quali, come me, vivono di Arsenal e non vedono l’ora di confrontarsi con altri Gooner italiani. Non importa quanti anni abbiamo, dove abitiamo e quale sia la nostra storia, siamo tutti Gooners.

Da quel momento fatidico in cui abbiamo ricevuto La Chiamata e nonostante le mille sofferenze che solo l’Arsenal riesce ad infliggerci, siamo tutti Gooners: contiamo i giorni che mancano alla prossima trasferta (ci torneremo, non temete), sogniamo il momento in cui arriveremo alla fermata della metropolitana che si chiama come il Club più bello del mondo, cammineremo verso lo stadio avvolti dall’odore delle cipolle fritte che emanano tutte le bancarelle nei dintorni dell’Emirates Stadium; ad un certo punto lo stadio apparirà, sulla nostra destra, maestoso come solo l’Emirates Stadium sa essere, e il cuore inizierà ad accelerare il ritmo; avvicinando, compreremo il programma della partita, che diventerà il nostro cimelio da custodire immacolato fino al viaggio di ritorno, passeremo i tornelli e…entreremo.

Che sia la prima, la decima o la centesima volta che mettiamo piede all’Emirates Stadium, la sensazione è sempre la stessa: sono a casa.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...