La questione torna regolarmente a galla, ogni volta che qualcosa va storto. Nell’immaginario collettivo esiste un capitano perfetto, impeccabile, che trascina i compagni, intimidisce gli avversari, mette soggezione all’arbitro, esalta i propri tifosi e spaventa quelli avversari.
I migliori di tutti non solo mettono paura ai tifosi avversari ma arrivano addirittura a guadagnarsi il loro rispetto.
La questione del capitano è storicamente spinosa in casa Arsenal, fin da quando Patrick Vieira è passato alla Juventus e ha lasciato un vuoto ad oggi mai colmato; oltre al vuoto tecnico e fisico, l’addio del francese è coinciso con una mancanza evidente di carisma e leadership nello spogliatoio.
Dopo di lui abbiamo avuto una sfilza di capitani tutti molto diversi tra loro e tutti diversi da Patrick Vieira, l’ultimo che abbia creato un vero consenso.
Il francese era tecnicamente eccezionale, fisicamente inarrivabile, costante nel rendimento, aggressivo come pochi e quindi perfettamente equipaggiato per vestire la fascia di capitano lasciata vacante da Tony Adams – un altro capitano perfetto.
Negli ultimi anni le cose sono addirittura peggiorate, con capitani che non scendevano quasi mai in campo o profili del tutto inadeguati al ruolo – a partire da William Gallas fino ad arrivare a Pierre-Emerick Aubameyang, l’ultimo capitano.
Il gabonese è finito nella bufera a causa di alcune prestazioni scialbe e la fascia di capitano ha rappresentato un’aggravante nella valutazione delle sue ultime partite, durante le quali è praticamente sparito dal campo.
Perché quella fascia ha così tanta importanza?
Pierre-Emerick Aubameyang non è cambiato rispetto a due anni fa, è sempre il solito attaccante sfuggente che si vede solo quando calcia a rete, eppure il giudizio nei suoi confronti è diametralmente opposto – tutta colpa di quella fascia al braccio.
L’Arsenal degli anni d’oro aveva un capitano e una serie impressionante di leader, ognuno con una personalità diversa e ognuno in grado di motivare i compagni in modo diverso: c’era chi lo faceva grazie all’affidabilità (Gilberto Silva, Ashley Cole, Kolo Touré), chi lo faceva a parole e gesti (Martin Keown, Lauren, Sol Campbell, Jens Lehmann), chi perché semplicemente più forte di tutti gli altri (Thierry Henry, Robert Pirès, José Antonio Reyes) e chi mettendosi al servizio della squadra e tralasciando il proprio ego (Freddie Ljungberg, Edu, Nwankwo Kanu).
Solo Patrick Vieira riusciva ad essere tutto, ma realisticamente giocatori così non se ne trovano tanto spesso e quindi l’Arsenal farebbe bene a lavorare ad un modello di ledership collettiva, in attesa che qualcuno diventi affidabile, carismatico e forte abbastanza da mettersi la fascia al braccio e mettere d’accordo tutti.
Nella rosa attuale non esiste un capitano ideale, quindi all’Arsenal non resta che allevarne uno con pazienza e nel frattempo affidarsi ad una leadership di gruppo, anziché individuale.
Potrebbe essere Kieran Tierney, potrebbe essere William Saliba, potrebbe essere Martin Ødegaard, potrebbe essere Thomas Partey – ancora non lo sappiamo.
Ciò che è certo è che la vecchia guardia ha il dovere di preparare il terreno per la prossima generazione, quella che (speriamo) ridarà lustro ad una fascia di capitano caduta in disgrazia.