L’Arsenal in tre stagioni ha cambiato tre allenatori [Unai Emery, Freddie Ljungberg e Mikel Arteta], cambiato i quadri dirigenziali [Mislintat è andato allo Stoccarda, Ivan Gazidis è andato al Milan, Raúl Sanllehí è stato costretto alle dimissioni dopo l’affaire Pépé, Edu Gaspar è diventato il nuovo direttore sportivo, l’addetto ai contratti Huss Fahmy è stato licenziato], acquistato una ventina di giocatori [tre portieri, tre esterni difensivi, cinque difensori centrali, quattro centrocampisti, cinque tra ali e trequartisti] spendendo circa £300m e venduti ben trenta.
Una rivoluzione che aveva come obiettivo smuovere l’Arsenal dalle sabbie mobili, ma ha invece solo creato più caos.
Non accorgersi che l’Arsenal è allo sbando più totale è da struzzi che ficcano la testa sotto la sabbia ed ignorano ciò che sta accadendo attorno a loro.
Mikel Arteta, allenatore pluri-acclamato perché allievo di Guardiola e conoscitore del mondo Gunners, essendone stato fiero rappresentante per oltre un quinquennio, è al timone di una nave che ad ogni miglio imbarca acqua ed è lì lì per affondare.
Aspettative fino ad ora non rispettate per via di numeri preoccupanti tanto quanto impietosi: dopo trenta giornate l’Arsenal siede al decimo posto in Premier League con 12 vittorie, 6 pareggi e 12 sconfitte.
Fuori dalla FA Cup al quarto turno contro il Southampton, fuori dalla Coppa di Lega ai quarti col Man City.
In Europa League il pareggio con lo Slavia mette a serio rischio un cammino già ricco d’insidie. L’Arsenal ha ribaltato miracolosamente il match nel ritorno col Benfica, ha perso il ritorno con l’Olympiacos e pareggiato ieri. Settimana prossima servirà un’impresa visto che i cechi non perdono tra le mura amiche da novembre 2019, avendo raccolto inoltre lo scalpo dei Rangers Glasgow, Leicester, Nizza e del Bayer Leverkusen.
L’ottima campagna pubblicitaria di cui godono coach e direttore sportivo fa notare però come questa non sia una squadra ancora formata, che necessiti di rinforzi, che la pandemia abbia rallentato il processo di crescita.
Capitolo Covid-19: è lampante come il calcio stia soffrendo della crisi derivata dalla pandemia. Sul campo però tutta questa differenza non la vedo. Il Manchester City sta dominando in Inghilterra e raggiungerà probabilmente le semifinali di Champions, il Chelsea nonostante il cambio in corsa della guida tecnica ha un piede alle semifinali di Champions ed è a ridosso dal quarto posto, il Manchester United è secondo in campionato e certo semifinalista in Europa League, il Leicester sta confermando i progressi degli ultimi anni. Il West Ham sta avendo un exploit inaspettato, come successo negli anni scorsi al Leicester di Ranieri, al Southampton nel 2016, all’ Everton di Roberto Martinez ed al Newcastle di Alan Pardew.
In Germania il Borussia Dortmund è ai quarti di Champions League e lotta per il quarto posto nonostante il cambio di allenatore, il Lipsia è secondo, il Bayern è il Bayern. In Francia la sorpresa Lille [frutto dell’ottimo lavoro dentro e fuori dal campo] è in corsa per vincere il campionato insieme al PSG [ai quarti di Champions], al Lione e all’AS Monaco, in Italia domina l’Inter di Antonio Conte, in Spagna la solita lotta a tre tra le due di Madrid ed il Barça, in Olanda ha preso il volo l’Ajax.
Cosa sta accadendo di diverso rispetto al football pre-pandemia?
Le brutture mostrate da Arsenal e Tottenham non hanno nulla a che fare con la crisi. Le cadute del Liverpool sono da ricondurre alla pancia piena dopo le vittorie in Premier e Champion e alla sfortuna di vedere i capisaldi del gioco di Klopp alzare bandiera bianca per infortuni, la Juventus è a fine ciclo ed ha affidato la squadra ad una guida inesperta.
Scelte discutibili.
Arteta e la squadra mercato meritano altro tempo ed altri investimenti?
Più volte sono rimasto perplesso dalle scelte fatte dal duo allenatore-direttore sportivo: la rosa ha lampanti carenze ma ho più di una ragione per credere che il materiale tecnico a disposizione non sia stato usato adeguatamente.
In porta, lo scorso gennaio, si è dovuto correre a riparare l’errore fatto in estate, avendo affidato la maglia numero dodici ad Alex Rúnarsson, portiere di medio-basso livello che non era titolare neanche al Dijon. Leno, il titolarissimo, è uno dei primi a soffrire la pressione quando la palla scotta.
In difesa al momento ci sono tre terzini destri ed un solo terzino sinistro con un’alta probabilità di restare fermo ai box ogni mese e mezzo [è attualmente infortunato]. E’ stato ceduto troppo a cuor leggero Sead Kolašinac, praticamente regalato allo Schalke 04, e non è stato preso un rimpiazzo. Al centro si è preferito continuare con Rob Holding [bravo nell’impostare ma pessimo nel difendere – vedere i gol presi contro Liverpool e City] e Chambers piuttosto che dare una chance a Willy Saliba [difensore per cui sono stati investiti oltre £25m] o Dino Mavropanos [uno dei migliori centrali difensivi della Bundesliga]. Héctor Bellerín pare voglia andare via, a David Luiz non è stato ancora rinnovato il contratto
A centrocampo spediti via Lucas Torreira all’Atletico Madrid e Mattéo Guendouzi all’Hertha Berlino. Due calciatori centrali nel progetto un anno e mezzo fa, ora esuberi. Per l\’uruguagio furono versati £25m nelle casse della Samp, per il francese invece è stata un’inversione di tendenza nel percorso di crescita che lo aveva portato anche nel gruppo di Didier Deschamps.
In zona offensiva le uniche buone notizie si chiamano Bukayo Saka [che non è in un momento particolarmente brillante] ed Emilie Smith Rowe. Sul resto c’è più di qualche punto interrogativo. Aubameyang non sta vivendo la sua miglior stagione, colpa di qualche avvenimento spiacevole fuori dal campo, di frizioni con il manager, di un calo di forma vista l’età e di una equivocabilità tattica non ancora chiarita da tre anni.
Lacazette c’è e non c’è. Vive nel limbo di chi ti manca quando non c’è e di chi vorresti non ci fosse quando è presente. La traversa di ieri sera grida vendetta. Un attaccante di respiro europeo deve piazzare il pallone e mettere la croce sulla qualificazione.
Pépé non ha la fiducia dell’allenatore, Willian non ha mai convinto, Nelson e Nketiah non vedono il campo da mesi, Martinelli gioca raramente e solo nei finali di partita.
Con queste premesse, quali dovrebbero essere le aspettative per il futuro?
Vale la pena andare avanti o cambiare totalmente modus operandi, affidando quadri dirigenziali e direzione tecnica a chi sta in questo mondo da molti più anni degli attuali incaricati?
Europa League o non Europa League cambierà poco.
Un’eventuale [e aggiungo altamente improbabile] vittoria della coppa e qualificazione in Champions League servirà solo ad accumulare polvere sotto il tappeto ed evitare che ci si guardi in faccia e si riconoscano i problemi.