Il Miracolato

Miracolo al El Madrigal!
Questa volta non c’entra un rigore parato all’ultimo minuto (semmai uno segnato…), il miracolo di ieri sera è aver mantenuto aperto il discorso qualificazione in vista della gara di ritorno.


Pur senza aver fatto molto per meritarlo, infatti, il Villarreal si è trovato sopra di due gol dopo mezz’ora di gioco e ha beneficiato di un uomo in più per oltre venti minuti nella ripresa, uno scenario reso possibile dalle scelte cervellotiche di Mikel Arteta sia nella preparazione che nella gestione della partita.

Andiamo con ordine: ci siamo presentati a casa del Villarreal senza attaccanti, con Emile Smith Rowe incaricato di operare da falso nueve e il trio Martin Ødegaard, Nicolas Pépé e Bukayo Saka a supportare la manovra offensiva.

Una scelta a sorpresa, non del tutto inedita ma sicuramente sperimentale, che è finita esattamente come l’unica altra volta in cui Mikel Arteta ha deciso di non impiegare un attaccante di ruolo, a casa del Manchester City, ovvero con l’incapacità totale da parte della squadra di creare occasioni da gol.

Esattamente come all’Etihad Stadium, l’assenza di un terminale offensivo ha reso nullo l’impiego di tre centrocampisti offensivi, che non avevano nessuno con cui dialogare, e tolto alla squadra un’arma preziosa per tenere palla in zona offensiva e far respirare centrocampo e difesa.

Inoltre, Mikel Arteta ha confermato Granit Xhaka terzino sinistro, con lo svizzero incaricato di controllare Chukuweze, molto più agile e rapido, con tutte le difficoltà del caso; poco aiutato da Dani Ceballos, all’ennesima prova deludente in Europa League, l’ex capitano di Basilea e Borussia Monchengladbach ha fatto quel che ha potuto ma ha sofferto tanto, come ampiamente prevedibile.

Il suo impiego in difesa ci ha privati di un maggiore controllo del pallone e degli spazi a centrocampo, dove Parejo e Trigueros hanno dettato i ritmi senza una grossa opposizione.

Non è una coincidenza che quasi tutti gli attacchi del Villarreal siano arrivati dalla destra, con l’ex Sp*rs Juan Foyth che sembrava Cafù al cospetto di Dani Ceballos e Gerard Moreno sistematicamente libero tra le linee, mentre Thomas Partey provava – senza successo – a giocare da solo contro tre avversari.

C’era davvero bisogno di sperimentare così tanto, in una finale di Europa League?


Capisco che le assenze di Alexandre Lacazette e Pierre-Emerick Aubameyang siano pesanti, però in panchina c’erano sia Eddie Nketiah che Gabriel Martinelli, possibile che nessuno dei due meriti fiducia?

Capisco anche che il gol incassato a freddo abbia complicato i piani tattici, come sottolineato dal manager spagnolo in conferenza stampa, ma credo di andare sul sicuro se dico che il piano non avrebbe funzionato comunque: per larghi tratti abbiamo tenuto il pallino del gioco senza però dare la sensazione di poter creare pericoli alla porta di Rulli.

Nicolas Pépé e Bukayo Saka ci hanno provato attraverso azioni individuali, tante erano le difficoltà nel costruire azioni manovrate sulla trequarti, e francamente devo ancora capire la pioggia di cross arrivati dalla fascia destra, visto che in mezzo all’area non c’era mai nessuno.

Il piano, se c’era un piano, era pessimo.

Come accade ormai sistematicamente, un mix di errori individuali e sfortuna ci ha condannati al doppio svantaggio ma nemmeno a quel punto, nonostante la gravità della situazione, abbiamo dato la sensazione di poter ribaltare l’andamento della partita, un segnale più che preoccupante.

Quando finalmente è arrivato l’intervallo mi aspettavo qualche aggiustamento, un colpo di coda di Mikel Arteta per rimediare alle evidenti difficoltà della squadra, e mi pareva logico che Dani Ceballos, in palese difficoltà e già ammonito, restasse negli spogliatoi: pensavo avremmo visto uno tra Cédric Soares e Bukayo Saka in difesa, con Granit Xhaka restituito al suo ruolo naturale, e magari un attaccante vero là davanti, ed invece Mikel Arteta non ha cambiato nulla.

Fortuna che ci ha pensato Unai Emery il quale, dato il doppio vantaggio, ha pensato bene di sostituire Paco Alcacer, un attaccante, con Francis Coquelin, un centrocampista difensivo, abbassando così sensibilmente il baricentro della sua squadra.

Nemmeno un richiamo plateale dell’arbitro nei confronti di Dani Ceballos è servito a smuovere Mikel Arteta dalle sue convinzioni, eppure l’espulsione dello spagnolo era nell’aria da ben prima che il centrocampista prendesse il secondo giallo, intorno all’ora di gioco: perché aspettare tanto, Mikel? Perché sapevamo tutti che sarebbe finita così e tu no?

Un’altra decisione – o meglio una non-decisione – che abbiamo rischiato di pagare a carissimo prezzo, fortuna che il Villarreal, specchio del proprio allenatore, ha preferito proteggere il vantaggio anziché provare ad archiviare il discorso qualificazione.

Mikel Arteta è stato salvato dalla pavidità genetica di Unai Emery, dai riflessi di Bernd Leno, dalla malizia di Bukayo Saka e dalla freddezza di Nicolas Pépé, offrendosi così un’occasione di redenzione che di certo non ha meritato.

In una serata in cui ha sbagliato praticamente tutto, il manager spagnolo è stato trascinato in salvo dai suoi giocatori, ai quali dovrà un grosso grazie per non aver messo virtualmente la parola fine sulla sua avventura da manager dell’Arsenal.

Giovedì prossimo sarà una vera e propria resa dei conti, con Mikel Arteta sotto la luce dei riflettori: un altro esperimento del genere e la sua permanenza sulla nostra panchina sarà compromessa.

Il gol in trasferta è un buon punto di partenza, un lumicino di speranza per credere di poter arrivare alla finale di Danzica, ma l’Arsenal che scenderà in campo dev’essere molto diverso da quello visto a El Madrigal.

A partire dalle scelte e dall’atteggiamento di chi siede in panchina.

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