La stagione è finita, riavvolgiamo il nastro a mente fredda. Un esercizio fisicamente e mentalmente doloroso ma anche doveroso, per non dimenticare da dove siamo partiti e cosa abbiamo dovuto attraversare prima che le cinque vittorie di fila in chiusura di campionato certificassero la nostra posizione finale.
Premier League: 8° posto (38P, 18V, 8N, 12P, 55GF, 39GS, DR +16)
Europa League: Semifinali (1-2, 0-0 contro il Villarreal)
FA Cup: Sedicesimi di Finale (0-1 v Southampton)
Carabao Cup: Quarti di Finale (1-4 v Manchester City)
La nostra stagione, in cifre, si riassume così. Terza miglior difesa della Premier League, ottavo miglior attacco al pari dell’Aston Villa. Il quarto posto dista solo sei punti, qualche rammarico c’è: come siamo arrivati a questo punto?
Agosto
Il precampionato è un momento di grande ebollizione in casa Arsenal: Raúl Sanllehí viene licenziato, 55 dipendenti vengono lasciati a casa per problemi finanziari ma dal mercato arrivano Willian (contratto triennale) e il rinnovo di Pierre-Emerick Aubameyang.
Sul campo le cose non sarebbero potute iniziare meglio: a Wembley, da freschi vincitori della FA Cup a spese del Chelsea, pieghiamo anche il Liverpool, seppure ai rigori. Prima partita, primo trofeo in bacheca.
Settembre
Torna Dani Ceballos dal Real Madrid, arriva Gabriel Magalhães dal Lille e sbarca pure Rúnar Rúnarsson dal Digione, per fare il secondo a Bernd Leno dopo la cessione di Emiliano Martínez all’Aston Villa. La Premier League comincia alla grande con un tre a zero a casa del Fulham, con il neo acquisto Gabriel che fa un’ottima impressione, Willian che confeziona due assist al debutto e Pierre-Emerick che timbra “alla Aubameyang”.
Al debutto casalingo contro il West Ham vinciamo di misura, in Carabao Cup una squadra giovanissima espugna il King Stadium di Leicester ma poi arriva la prima scoppola, ad Anfield: il Liverpool è ancora troppo forte per questo Arsenal. La squadra c’è, o almeno così pare.
Ottobre
In chiusura di mercato arriva il grande colpo: Thomas Partey dall’Atletico Madrid! La gioia però non dura molto, perché la struttura inizia a scricchiolare: fanno rumore le omissioni di Mesut Özil e William Saliba dalle liste di Premier League e Europa League, con i due esclusi insieme al greco Sokratis. Il difensore francese finisce in congelatore e gli sono preferiti sia Shkodran Mustafi (in scadenza) che Pablo Marí (infortunato), mentre le voci attorno al tedesco non si placano – tra complotti e faide interne.
Nemmeno in campo le cose non vanno benissimo: dopo aver sconfitto lo Sheffield United di misura, perdiamo all’Etihad Stadium e in casa contro il Leicester, in entrambi i casi per uno a zero. In classifica precipitiamo all’undicesimo posto, anche se le distanze restano minime.
In Carabao Cup eliminiamo il Liverpool ai rigori dopo lo 0-0 dei tempi regolamentari, metre l’Europa League comincia bene con due vittorie contro Rapid Vienna e Dundalk. In Austria però giochiamo molto male, serve chiamare in causa i senatori dalla panchina per avere la meglio di un Rapid davvero mediocre. È un segnale, non lo cogliamo.
Novembre
Sulla squadra scendono le tenebre: vinciamo a Old Trafford grazie ad un rigore di Pierre-Emerick Aubameyang, poi perdiamo malamente contro Aston Villa (0-3) e Wolverhampton (1-2) in casa. Contro il Leeds di Bielsa pareggiamo zero a zero, Nicolas Pépé si fa cacciare in maniera ingenua e Mikel Arteta va su tutte le furie, dando l’ivoriano in pasto alla stampa.
Alla vigilia del primo North London Derby della stagione siamo 14esimi, il gioco è semplicemente inguardabile. Sono le settimane degli attaccanti che non ricevono palloni, di un 4-3-3 senza dinamismo e delle difficoltà enormi nel costruire la benché minima azione. Mikel Arteta diventa il primo allenatore dal 1977 ad oggi a perdere tre partite consecutive in casa.
Fortuna che c’è l’Europa League, la vittoria contro il Molde ci mette con un piede nei 32esimi di Finale.
Dicembre
Perdiamo il derby in trasferta e pure Thomas Partey, rientrato troppo in fretta e vittima di un grosso guaio muscolare. Perdiamo in casa contro il Burnley, pareggiamo all’Emirates Stadium contro il Southampton e usciamo sconfitti anche da Goodison Park, dove l’Everton vince senza praticamente tirare in porta. Mikel Arteta è sotto pressione, i risultati sono pessimi e il gioco impresentabile. Lo spagnolo sbrocca in conferenza stampa, sparando percentuali a caso e difendendo ad oltranza l’idea che buttare cross alla cieca in area sia una buona strategia perché “matemeticamente prima o poi fai gol” ed ecco che riappaiono i fantasmi delle ultime settimane di Unai Emery, quando il basco sembrava vedere partite diverse dal resto del mondo.
In Carabao Cup prendiamo quattro sventole dal Manchester City, in casa, con Rúnar Rúnarsson protagonista in negativo come pochi portieri prima di lui, mentre in Europa League sigilliamo qualificazione e primo posto con la quarta vittoria in altrettante partite.
È il Boxing Day e arriva il Chelsea, il destino di Mikel Arteta sembra segnato ma il passaggio al 4-2-3-1 e l’innesto di Emile Smith Rowe compiono una magia: tre a uno ai Blues di Lampard, Mikel Arteta è salvo e la successiva vittoria a casa del Brighton riaccende qualche speranza. Purtroppo siamo comunque tredicesimi in classifica, il quarto posto dista già nove punti.
Gennaio
Grosso repulisti in casa Arsenal, con Mesut Özil che va al Fenerbahce, Shkodran Mustafi e Sead Kolašinac allo Schalke, Sokratis all’Olympiacos, William Saliba in prestito al Nizza, Joe Willock in prestito al Newcastle e Ainsley Maitland-Niles in prestito al West Brom. Arriva Maty Ryan dal Brighton per fare da secondo a Bernd Leno, dopo che Rúnar Rúnarsson si è dimostrato inaffidabile, e soprattutto Martin Ødegaard in prestito dal Real Madrid: il norvegese è un’autentica rivelazione e improvvisamente torniamo a giocare un bel calcio.
Iniziamo l’anno alla grande con tre vittorie in cinque partite di campionato, eliminiamo il Newcastle in FA Cup ai supplementari ma poi veniamo fatti fuori malamente dal Southampton, anche a causa di alcune scelte di formazione che faranno discutere: al St. Mary’s Stadium giocano Pépé, Martinelli, Willian e Nketiah in attacco, troppo poco per impensierire l’avversario.
Risaliamo al decimo posto ma la Champions League è ancora a otto punti di distanza.
Febbraio
Aston Villa, Wolverhampton e in parte il VAR spengono qualsiasi sogno di rimonta: perdiamo contro i Wolves nonostante un primo tempo praticamente perfetto e regaliamo ai Villans il gol che si rivelerà essere decisivo. Mikel Arteta fa infuriare i tifosi con le sue sostituzioni cervellotiche, la sua insistenza con Willian e l’esilio per Nicolas Pépé e Gabriel Martinelli.
La squadra ha un moto d’orgoglio e batte Leeds in casa e Leicester in trasferta ma perde contro il Manchester City per uno a zero, offrendo uno spettacolo triste: nonostante il risultato finale, l’impressione è che gli uomini di Guardiola avrebbero potuto farci a pezzi ma si siano trattenuti.
Riprende l’Europa League e rischiamo un’altra eliminazione bruciante, questa volta contro il Benfica: pareggiamo all’andata (in trasferta, a Roma) e nel ritorno (in casa, ad Atene) ci salva un gol di Pierre-Emerick Aubameyang all’ultimo minuto, quando sembrava tutto perduto.
A questo punto sono due mesi che la squadra dimostra tendenze suicide, riuscendo a perdere partite che gli avversari non provano nemmeno a vincere. Difficile essere ottimisti e mantenere la calma.
Marzo
Il mese inizia con un pareggio a casa del Burnley, ancora una volta influenzato dal VAR, e ci regala una magnifica vittoria nel derby di ritorno, firmata da Martin Ødegaard e Alexandre Lacazette. Avremmo potuto triturarli, abbiamo rischiato di pareggiarla nonostante loro fossero in dieci. Ci salva Gabriel sulla linea, altrimenti sarebbe stato impossibile giustificare le scene di terrore con protagonisti i giocatori.
In Europa League avanziamo senza gloria vincendo in maniera rocambolesca contro l’Olympiacos in trasferta, prima di perdere il ritorno di misura, e chiudiamo il mese con un 3-3 a casa del West Ham che ci ha visti protagonisti dei peggiori venti minuti di calcio che abbia mai visto: Lingard e Antonio sembravano Zidane e Ronaldo, noi una squadra di Sunday League. La recuperiamo con carattere, fortuna e grazie alle sostituzioni di Moyes, che ci regala campo e spazi.
Aprile
Il mese è tutto all’insegna dell’Europa League, dato che il campionato ormai ha ben poco da offrire: vinciamo contro uno Sheffield United retrocesso, perdiamo male in casa contro il Liverpool e contro un Everton apatico, con Bernd Leno che regala papere. Il risultato più assurdo è probabilmente l’uno a uno interno contro un Fulham disperato, acciuffato solo al 96’ grazie ad un pre-assist di Maty Ryan (!) in area di rigore avversaria. Mikel Arteta colleziona record negativi, con la squadra che registra il minor numero di vittorie interne da tempo immemore.
In Europa League pareggiamo in casa contro lo Slavia Praga dopo averli presi a pallonate per tutta la partita e sembriamo condannati, però poi andiamo a vincere a casa loro in una delle poche notti memorabili di questa stagione. Arriviamo in semifinale di Europa League, dove ad aspettarci c’è il Villarreal di Unai Emery.
All’andata giochiamo senza centravanti e si vede, ad inizio ripresa restiamo in dieci per l’espulsione più prevedibile del mondo ma usciamo da El Madrigal con un 2-1 che ne ha del miracoloso. Merito dell’astuzia di Bukayo Saka e della freddezza di Nicolas Pépé sul dischetto. Mikel Arteta avanza rivendicazioni improbabili per il risultato, il Villarreal può mordersi le mani per non aver chiuso i conti.
Aprile resterà però il mese della European Super League, nata e morta in 48 ore: la furia dopo l’annuncio da parte del Club è irrefrenabile, i tifosi si radunano a migliaia davanti allo stadio e lanciano un segnale fortissimo ai Kroenke: andatevene. Spunta una cordata, guidata dal fondatore di Spotify, che vede protagonisti anche Thierry Henry, Patrick Vieira e Dennis Bergkamp e così il vento di protesta di fa ancora più forte. Josh Kroenke proverà a calmare gli animi e rassicurare i tifosi ma la spaccatura sembra insanabile.
Maggio
Prima del grande appuntamento dell’anno, la semifinale di ritorno di Europa League, vinciamo comodamente a casa del Newcastle e arriviamo quindi pronti al grande match: la delusione è devastante. Colpiamo il palo a due riprese ma l’impressione è che la squadra non abbia le idee o la forza per mettere sotto pressione un Villarreal ordinato, che non soffre più di tanto e si accontenta di lasciarci il pallone.
Un’eliminazione bruciante perché arrivata senza una vera reazione da parte della squadra, quasi senza averci provato fino in fondo. Iniziano i processi, soprattutto a Mikel Arteta, che si difende come può, mentre la KSE continua a restare nel mirino dei tifosi.
Prima dell’ultima di campionato, vinta contro il Brighton, va in scena un’altra protesta, ma i Kroenke restano inamovibili: il Club non è in vendita e Daniel Ek si defila (temporaneamente o definitivamente?).
La stagione si chiude con una bella vittoria contro il Brighton, con i tifosi di nuovo presenti all’Emirates Stadium e con un Nicolas Pépé scintillante. La contemporanea vittoria del Tottenham a casa del Leicester ci priva sia di un posto nella European Conference League che del primo St. Totteringham Day da quattro anni a questa parte.
Finisce così un’altra stagione frustrante, la prima con Mikel Arteta in panchina dall’inizio alla fine.
Sebbene sia giusto concedere qualche alibi allo spagnolo, resto poco convinto dal suo talento di allenatore perché non dimentico i mesi autunnali, non dimentico la fatica enorme nel creare occasioni da gol e non dimentico alcune sue conferenze stampa deliranti. È giovane e inesperto quindi è ovvio che commetta errori, a farmi preoccupare però è la sua apparente arroganza nel non volerli ammettere.
È stata una stagione tribolata, impreziosita da alcune vittorie memorabili come quella di Old Trafford, quella a casa dello Slavia Praga, quella contro il Liverpool nel Community Shield e quella in casa contro il Chelsea, tuttavia è costellata di prestazioni indifendibili e risultati orrendi che farò molta fatica a dimenticare.
L’eliminazione per mano del Villarreal in semifinale è una ferita ancora aperta, non tanto per il risultato quanto per l’atteggiamento scoraggiato della squadra, così lontano dalle dichiarazioni post-partita di Mikel Arteta. Questo scollamento dalla realtà mi preoccupa, così come la capacità di Edu di portare a casa gli acquisti giusti per ripartire di slancio.
La prossima sarà la prima stagione senza coppe europee dal 1995/1996, una sorta di anno zero per ricostruire il prestigio e la credibilità di un Club precipitato dai quartieri alti alla periferia. Ogni scelta, ad ogni livello, sarà decisiva per capire se l’Arsenal costruisce per ripartire oppure se continueremo la nostra lenta discesa agli inferi (calcistici, ovviamente).
Alla prossima stagione, Gooners!