Arrivederci, Granit


Granit Xhaka lascia dopo cinque stagioni nel nord di Londra.
Avendo vissuto in Svizzera negli ultimi undici anni, ho accettato l’offerta di Dave Seager di preparare un blog introduttivo per Gunners Town sul nazionale svizzero, non appena la sua firma è stata ufficializzata. Nel mio rapporto di scouting, l’ho paragonato a due giganti italiani: Andrea Pirlo e Gennaro Gattuso.

Con il passaggio tagliente e incisivo del primo e l’aggressività e l’orgoglio del secondo, a 24 anni sembrava pronto a fare il grande salto e diventare un pilastro del centrocampo dell’Arsenal, oltre a diventarne capitano, a un certo punto. I difetti nel suo gioco erano, allora, percepiti come una conseguenza diretta della sua giovane età più che problemi strutturali, ma il tempo alla fine ha dimostrato – a me e a molti altri – che non era così.

Durante le sue cinque stagioni all’Arsenal, Granit Xhaka ha mostrato grande abilità con la palla ai piedi (ad un piede, dovrei dire), grande personalità ma pochi segni di miglioramento. Ha continuato a perdere la calma sotto pressione, ha continuato a collezionare cartellini rossi inutili per aver perso le staffe e ha continuato a reagire in modo eccessivo di fronte a eventi inaspettati.

Nel corso della sua carriera nel nord di Londra, Granit Xhaka ha continuato ad essere molto bravo in quello in cui era già molto bravo e molto scarso in quello in cui era già molto scarso.

Tuttavia, ci mancherà: in uno spogliatoio alla disperata ricerca di personalità, la sua leadership è sempre stata apprezzata, così come la sua dedizione alla causa.
Granit Xhaka non è mai stato adatto alla Premier League e si è visto, più e più volte, ma si è sempre impegnato al massimo, senza lamentarsi.
Quando Unai Emery gli chiedeva di giocare da solo a centrocampo e rincorrere gli avversari, lo faceva; quando Mikel Arteta gli chiedeva di giocare da centrale, lo faceva; quando era incaricato di sostituire l’infortunato Kieran Tierney, lo faceva e quando veniva prevedibilmente additato per le sue scarse prestazioni, lo accettava senza fiatare. A parte la sua scenata all’Emirates Stadium contro il Crystal Palace, ha sempre mantenuto la calma in modo molto dignitoso.

Non credo che possiamo considerare il suo periodo a Londra come un successo, ma credo che non sia stato il solo a fallire: il suo acquisto, molto simile a quelli di Lucas Pérez e Shkodran Mustafi, è arrivato in un momento in cui il Club stava cercando di tagliare il cordone ombelicale con Arsène Wenger e impostare per sé una struttura più complessa, basandosi sui dati analitici per identificare gli obiettivi di mercato giusti invece di lasciare tutto nelle mani del manager alsaziano.
Basandosi maggiormente su dati e analisi, il Club ha individuato in Granit Xhaka l’obiettivo ideale per rinforzare il nostro centrocampo e affiancare Santi Cazorla.

Credo che il piano fosse quello di avere un centrocampista difensivo più progressivo e migliore tecnicamente per sostituire Francis Coquelin, salvo però ritrovarsi con un regista basso, male assortito con Santi Cazorla in un tandem che ha sottolineato i difetti di entrambi i giocatori invece di esaltarne le capacità.
Il primo campanello d’allarme (ignorato) di questo trasferimento è suonato quando Arsène Wenger ha descritto Granit Xhaka come un centrocampista box-to-box, quando era abbastanza ovvio che non possedeva le doti atletiche per correre su e giù per il campo o portare la palla; più tardi lo svizzero è stato schierato come schermo solitario davanti alla difesa ed è stato così esposto a qualche figuraccia di troppo, raccogliendo molti cartellini e attirandosi molte critiche.

Forse Granit Xhaka non era il giocatore che il Club voleva, ma alla fine ha trovato il suo posto in squadra, gli è stata data fiducia da tutti i manager con cui ha giocato e ha fornito una certa sicurezza con la palla e un buon gioco in fase d’impostazione. Purtroppo Granit Xhaka era anche un giocatore molto prevedibile, uno di una lunga lista di giocatori monodimensionali che abbiamo avuto al Club negli ultimi dieci anni e che, guarda caso, hanno diviso la tifoseria: o si ama o si odia Granit Xhaka nello stesso modo in cui si amano o si odiano Mesut Özil, Theo Walcott, Francis Coquelin e molti altri.

Questi giocatori che fanno una o due cose estremamente bene vengono elogiati per le loro qualità ma allo stesso tempo vengono criticati per le loro carenze, non appena i loro difetti vengono a galla, creando una divisione tra i tifosi che alla fine diventa insopportabile.

Ci saranno momenti in cui ci mancheranno il suo controllo del ritmo e la distribuzione del pallone, magari anche la sua leadership, ma non possiamo permetterci di continuare ad aggrapparci a quelle poche qualità che sta mostrando.

Dato che il calcio ai massimi livelli sembra essersi allontanato dagli specialisti in favore di giocatori poliedrici, è tempo per noi di andare avanti e cercare centrocampisti che possano passare, contrastare, correre, difendere e attaccare.
L’arrivo di Thomas Partey ha segnato l’inizio di questa nuova era e Granit Xhaka è diventato improvvisamente sacrificabile.

La cessione sembra essere la miglior scelta per tutti, in questo momento, quindi grazie e buona fortuna, Granit.

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