Mattéo il Marsigliese

C’è un’espressione in francese per designare coloro che esagerano tutto: essere (o fare il) Marsigliese.
Proprio per questo, Mattéo Guendouzi e l’OM sono fatti l’uno per l’altro.

Il centrocampista, prelevato dal Lorient, è stato ceduto all’Olympique di Marsiglia a titolo definitivo e ha firmato un contratto quadriennale; a Marsiglia troverà Jorge Sampaoli e forse anche William Saliba, che però sarà al Vélodrome solo di passaggio.

È quindi tempo di dare un’occhiata al percorso di Mattéo Guendouzi a Londra, dal suo arrivo passato completamente in sordina agli episodi esplosivi che ne hanno determinato l’allontanamento, prima temporaneo e ora definitivo.

Arrivato lo stesso giorno di Lucas Torreira, il giovane centrocampista francese era un oggetto misterioso, che si portava già dietro la nomea di piantagrane ma al contempo era uno dei talenti più brillanti del panorama transalpino, tanto da impressionare immediatamente Unai Emery e convincerlo a ritagliargli uno spazio importante in prima squadra: un salto che il giovane Mattéo ha gestito alla grande, senza alcun timore reverenziale, e che è stato ricompensato con il premio di giocatore del mese, nell’agosto del 2018.

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Nello spazio di 30 giorni, Mattéo Guendouzi è passato dallo status di giovane promessa, alla quale venivano pronosticate presenze sporadiche tra Premier League e coppe varie, a quello di titolare inamovibile e trascinatore. Nulla di sorprendente, a posteriori, perché col tempo avremmo imparato a capire che il centrocampista francese non è uno da mezze misure o crescite graduali, anzi.
Il suo inizio di carriera all’Arsenal è stato folgorante, tanto da stravolgere i piani di Unai Emery e concedere a Mattéo Guendouzi la bellezza di 48 presenze complessive, di cui 33 in Premier League (23 da titolare).

Nonostante alcuni limiti tecnici, Mattéo Guendouzi ha impressionato per personalità e maturità: laddove alcuni compagni di reparto si nascondevano troppo o commettevano ingenuità imperdonabili, lui era il primo a prendersi le responsabilità e a compiere le scelte giuste al momento giusto, una qualità rara per un giocatore così giovane, al debutto in un nuovo campionato.
L’impressione, allora, era che Sven Mislintat avesse pescato un autentico gioiello e che Mattéo Guendouzi sarebbe diventato un centrocampista di ottimo livello.

Quello che sembrava l’inizio di qualcosa di speciale era in realtà il picco più alto della carriera di Mattéo Guendouzi all’Arsenal, la cui stella si sarebbe spenta con la stessa violenza con la quale era esplosa.

La seconda stagione, quella che sarebbe dovuta essere la stagione della consacrazione, inizia con Mattéo Guendouzi intoccabile a centrocampo ma finisce bruscamente all’AMEX Stadium di Brighton, con l’Arsenal sconfitto dai padroni di casa e il centrocampista che si rende protagonista di un acceso battibecco con il connazionale Maupay.
Da quel momento, Mattéo Guendouzi sparisce completamente dai radar: in panchina ora c’è Mikel Arteta, che ha sostituito Unai Emery, grande ammiratore del centrocampista transalpino, e lo spagnolo sembra non tollerare il carattere ben al di sopra delle righe di Mattéo Guendouzi.

Già a Dubai, dove l’Arsenal aveva effettuato un mini-ritiro invernale, il manager e il giocatore erano arrivati ai ferri corti dopo che il francese aveva avuto un diverbio con Sokratis, mandato a quel paese David Luiz e si era fatto pizzicare in altri comportamenti poco professionali, tanto da obbligare anche il direttore tecnico Edu ad intervenire.

Brighton è la classica goccia che fa traboccare il vaso, l’episodio di troppo che rompe definitivamente e irrecuperabilmente gli equilibri. Un finale che in pochi avrebbero potuto prevedere, dopo un inizio così folgorante, eppure eccoci qui a mettere la parola fine sull’avventura di Mattéo Guendouzi.

Forse si è montato la testa; forse l’arroganza supera la fiducia in sé stesso; forse il suo livello massimo lo ha già raggiunto e resterà per sempre un incompiuto o forse, tra qualche anno, Mattéo Guendouzi sarà quel centrocampista che alcuni prevedono possa diventare e non ci mangeremo le mani, sia dal punto di vista sportivo che dal punto di vista economico.
A Marsiglia, Mattéo Guendouzi troverà un ambiente molto caldo, perfettamente adatto al suo carattere, e dovrà guadagnarsi la fiducia di un pubblico estremamente esigente, a maggior ragione con un giocatore cresciuto nel vivaio del PSG e dichiaratamente tifoso della squadra capitale, nemesi assoluta dell’Olympique Marseille.

Non mi stupirei se Mattéo Guendouzi avesse un inizio di carriera eccezionale all’OM, perché lo scenario “sono tutti contro di me” è probabilmente il suo preferito e ad ogni modo rappresenta la configurazione ideale per elevare il proprio gioco e zittire chi ne mette in dubbio le qualità, quindi ho l’impressione che rimpiangeremo il suo addio – anzi, il modo in cui se n’è andato, per essere più precisi.
Nonostante un prestito all’Hertha Berlino senza acuti particolari, infatti,  parliamo comunque di un giocatore di 22 anni, con oltre 60 presenze con la maglia dell’Arsenal, capitano della nazionale francese U21 e già convocato in nazionale maggiore da Didier Deschamps, e vederlo partire in questo modo lascia l’amaro in bocca.

Sarebbe dovuta andare in maniera diversa, per lo meno per le casse del Club: dopo averlo prelevato per una cifra vicina agli otto milioni, lo cediamo al Marsiglia per un paio di milioni in più, troppo poco per il potenziale che il giocatore ha dimostrato di avere.
Ancora una volta ci dimostriamo incapaci di proteggere e valorizzare un investimento e ci ritroviamo a scaricare un giocatore, anziché creare un mercato e cederlo al miglior offerente.
Un brutto vizio, figlio dell’inesperienza di Edu e Mikel Arteta, che fatichiamo a correggere e che probabilmente influirà anche sul futuro di William Saliba, Ainsley Maitland-Niles, Joe Willock, Eddie Nketiah e Reiss Nelson.

Lo avessimo mandato in prestito in Ligue 1 anziché a Berlino, oggi probabilmente la fila di pretendenti sarebbe più lunga e quindi le possibilità d’incassare un assegno sostanzioso più alte, invece lo abbiamo mandato in un Club e in un campionato dove nessuno lo conosceva, nel quale verosimilmente non avrebbe avuto seguito, ed eccoci qui a doverci accontentare di una cifra ben inferiore al suo valore.

La cessione di Mattéo Guendouzi è giusta, il modo in cui è stata gestita invece profondamente sbagliato – e preoccupante.

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