Fortemente 10

“L’ha chiesta lui [la 10], il che dimostra le sue ambizioni e la sua volontà. Preferisco giocatori che forse vogliono più di quanto possono gestire ma, se credono di potercela fare, è ingiusto porre limiti. Quando ha chiesto a me e al Club quel numero di maglia, abbiamo detto OK, facciamolo”

“Ne abbiamo parlato un po’, abbiamo discusso e [ESR] è perfettamente consapevole di quel che significa avere quel numero di maglia, ma si sente pronto per indossarlo e quindi io sono pronto ad assecondarlo, fare in modo che si senta realizzato e il più felice possibile facendo quel che vuole fare”

Mikel Arteta, 22 luglio 2021

Emile Smith Rowe ha personalità da vendere, non lo scopriamo certo ora.
Attenzione a farsi ingannare dal suo modo di fare schivo e riservato, dalla sua elusività in campo: non si sbarca all’Arsenal a metà stagione e si cambia volto alla squadra senza una buona dose di carattere e fiducia in sé stessi.

La notizia del suo rinnovo è tanto importante quanto quelle di Bukayo Saka e Kieran Tierney, anche se il suo stile è molto meno appariscente rispetto ai due compagni di squadra: Emile Smith Rowe lo vedi quando ha già fatto un lavoro eccezionale, oppure noti la complessità delle sue giocate solo quando ti fanno vedere il replay.

È successo in occasione del gol di Bukayo Saka contro il West Brom: il suo inserimento in profondità e conseguente cross basso per il compagno, che doveva insaccare a porta vuota, non erano il pezzo forte dell’azione, perché il tocco precedente con cui ha pescato lo stesso Bukayo Saka, dando il via a tutta l’azione, è semplice solo in apparenza.

Un decimo di secondo di esitazione e sarebbe saltato tutto, un tocco leggermente più lento e l’impulso sarebbe stato perso in maniera irrimediabile.
Emile Smith Rowe invece l’ha toccata di prima, dando una forte accelerazione al pallone, e determinato così la catena di scambi e movimenti che hanno portato Bukayo Saka a finalizzare un’azione corale memorabile.

D’altronde, fare la differenza quanto la fa lui in Premier League senza particolari qualità fisiche è un’impresa che richiede un cervello finissimo e piedi ben educati, molto più della media; Emile Smith Rowe suscita ancora una certa tenerezza quando prova ad allungare il passo e sfidare un avversario in velocità, perché finisce sistematicamente a terra, ma possiede una ferocia inaudita quando si tratta di anticipare le prossime due, tre mosse e lasciare sul posto l’avversario ancor prima che capisca dove arriverà il pallone e dove finirà, dopo essere transitato dai piedi di Emile Smith Rowe.

Una visione panoramica ben più matura dei suoi vent’anni, unita ad una lettura delle situazioni di gioco degna dei migliori centrocampisti, lo rende difficile da controllare per gli avversari di turno, spesso in ritardo di quei pochi secondi che permettono al nostro piccolo gioiello di smarcarsi, ricevere il pallone, girarsi e dare nuovo impulso alla manovra, per poi spostarsi in un’altra zona e ricominciare.

Emile Smith Rowe mi riporta indietro nel tempo, a Cesc Fàbregas, Alex Hleb e Tomas Rosicky

Come loro, capisce il calcio meglio di tanti altri giocatori; come loro, non possiede qualità fisiche sopra la media; come loro, sa che il tempo e lo spazio sono i suoi alleati migliori.

Con la sua modernità, Emile Smith Rowe è un tuffo nella storia recente dell’Arsenal, del calcio prediletto da Arsène Wenger e del piacere di osservare un giocatore che riesce a stupirti con la sua intelligenza e la sua raffinatezza, anziché lo strapotere fisico o il colpo ad effetto.

Il rovescio della medaglia, per giocatori come Emile Smith Rowe, è che spesso vengono notati meno, finiscono meno sulle prime pagine dei giornali e per questo sembrano molto meno determinanti di quanto siano – e quindi vengono mal giudicati da un occhio distratto.

C’è chi dice che la numero 10 sia troppo per lui, che non sia ancora pronto, che non abbia fatto abbastanza per meritarla.

Io dico semplicemente: aspettate e capirete perché ha chiesto e ottenuto la 10

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