Al Cuor Non Si Comanda

Cosa ci fa Jack Wilshere a Como?
Vedere Super Jack allenarsi in serie B, senza la minima possibilità di scendere in campo, fa male.

Ovvio quindi che a Mikel Arteta sia stato chiesto come mai il centrocampista è in Italia, invece di essere a London Colney come successo a tanti altri ex-giocatori dell’Arsenal rimasti senza squadra. Era tradizione infatti vedere Robert Pirès, Mathieu Flamini e tanti altri allenarsi sotto l’occhio paterno di Arsène Wenger e mantenersi nella miglior forma fisica possibile, in attesa di una chiamata.

Il manager spagnolo ha risposto che “le porte saranno sempre aperte” per l’ex compagno di squadra ma non è dato sapere quanto fossero parole di circostanza e non un vero e proprio invito a tornare a casa.

La speranza è di vedere di nuovo Jack Wilshere allenarsi con la squadra e aiutarlo a rimettere in sesto una carriera che sarebbe dovuta essere ben diversa e che lo sarebbe stata, se non fosse per qualche infortunio di troppo e comportamenti non proprio esemplari. Se poi pensiamo alla pochezza del nostro centrocampo oggi, sia in termini di qualità che di carisma, sapere che un prodotto del nostro vivaio, non ancora 29enne, si ritrova ad allenarsi con un Club di Serie B italiana mi spezza il cuore.

Riportiamo a casa Super Jack?

Non fosse che per l’aspetto romantico dell’operazione, firmerei subito per il ritorno di Jack Wilshere.
Un giocatore come lui, che ha avuto un’influenza talmente forte su quella generazione di giovani promesse che oggi scende in campo ogni settimana, non può che fare bene in uno spogliatoio che sta perdendo i valori storici del Club e i legami con l’area di Islington.

A livello tecnico resta il giocatore sublime di sempre, tuttavia a livello fisico non credo abbia più l’atletismo necessario per sopportare i ritmi frenetici della Premier League, né per giocare ogni settimana ma che importa? Jack Wilshere non torna per essere quello di dieci anni fa, la pièce maîtresse della squadra, la pietra angolare del presente e del futuro della squadra. Jack Wilshere torna per dare una mano, tappare qualche buco, mettersi a disposizione qualora ce ne fosse bisogno.

Se pensiamo alla nostra condizione attuale, avere un giocatore in più in mediana non farebbe che alleviare le nostre ansie e garantirebbe una soluzione d’emergenza in qualsiasi momento; a maggior ragione se pensiamo che ad inizio anno sia Thomas Partey che Mohamed Elneny saranno impegnati in coppa d’Africa, il che lascerebbe solo Granit Xhaka, Albert Sambi Lokonga e Ainsley Maitland-Niles (se non verrà ceduto…) come opzioni a centrocampo.

Jack Wilshere sarebbe potuto diventare un grandissimo centrocampista ma non è stato abbastanza professionista e soprattutto non ha saputo intepretare bene la direzione nella quale stava andando il calcio di fine anni 2000, che pure sembrava perfetto per il suo stile di gioco.
In un Europa dominata da Xavi, Iniesta, David Silva e altri nanetti superdotati tecnicamente, lui sarebbe potuto essere la risposta britannica all’invasione spagnola ma ha voluto dimostrare di essere un duro alla Gerrard, un mastino che non toglieva mai la gamba e non mollava mai la presa.

Quando hai il fisico (e i piedi…) di Jack Wilshere non vai a cercare i contrasti, li eviti o addirittura li sorvoli perché sei più forte dei cattivi di turno e soprattutto perché hai tutto da perdere, se decidi di buttarla sull’agonismo. E infatti lui ha perso tutto.

A 28 anni, Jack Wilshere ha ancora tempo per un ultimo ballo e sarebbe bello se il primo passo lo facesse all’Arsenal, a casa sua. Jack Wilshere però deve mettersi in testa che non può più partire a razzo, palla al piede e testa bassa, e pensare di attraversare tutto il campo senza finire spazzato via dall’ennesimo contrasto fuori tempo.

Lasci la pashun ai britannici e faccia correre il pallone, anziché correre verso una giungla di tacchetti alzati.

Riportalo a casa, Mikel, perché al cuor non si comanda

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