The Smith

Ci sono giocatori che non convincono le masse e non lo faranno mai, a prescindere.
Questione di stile, di fisico, di faccia, di modo di stare in campo, di body language, forse.

L’Arsenal ne ha avuto parecchi, di giocatori così (Alex Hleb su tutti), e l’ultimo in ordine di tempo è Emile Smith Rowe, gioiellino dell’Academy che dall’inverno scorso è entrato stabilmente in prima squadra: anzi, gioiellino che ha cambiato completamente faccia alla squadra, da quando ha messo piede in campo contro il Chelsea, il 26 dicembre scorso.

Dovrebbe bastare questo per definire Emile Smith Rowe, eppure il ragazzo continua a non convincere pienamente e, temo, non lo farà mai. Una prestazione come quella nell’ultimo North London Derby dovrebbe issarlo tra gli eroi di casa, i punti fermi della squadra, le colonne del futuro di questo Club ma, quando si tratta di definire la formazione titolare ideale della squadra, spesso il suo nome non appare.

Il suo è un calcio per pochi, un calcio fatto di momenti che spesso in televisione non si vedono e che anche allo stadio passano inosservati: movimenti senza palla; tocchi all’apparenza banali ma di vitale importanza; passaggi effettuati nei tempi giusti, con la velocità giusta; controlli orientati che da soli valgono metà di tutta un’azione d’attacco.
Il suo assist per il gol di Pierre-Emerick Aubameyang è un esempio lampante delle sue qualità sopraffine, qualità che però non gli vengono riconosciute a dovere: visione di gioco, tecnica e accelerazione.

Se il tocco di prima del gabonese è stato impeccabile (per una volta…), è il primo controllo di Emile Smith Rowe a mettere le basi per il seguito dell’azione, perchè senza quel tocco di prima e la conseguente accelerazione bruciante ai danni di Sánchez non sarebbe stato possibile andare fino in fondo. Un tocco in apparenza semplice, come quello che ha costruito il gol di Bukayo Saka contro il West Brom la stagione passata, che però ha accelerato lo svolgersi degli eventi e mandato all’aria il piano difensivo del Tottenham.

Un controllo più stretto o un tocco più forte e Sánchez se lo sarebbe letteralmente mangiato.

Emile Smith Rowe non è equipaggiato per reggere l’intensità fisica dei difensori della Premier League però se ne frega e gioca comunque in Premier League, facendosi beffe dei difensori grandi e grossi grazie al suo controllo dello spazio e del pallone, impareggiabili.

Non è un fenomeno vero come Bukayo Saka, non è appariscente come Nicolas Pépé, non è cresciuto da prodigio come Martin Ødegaard, non ha la tecnica di Mesut Özil e non vede la porta come Dennis Bergkamp ma Emile Smith Rowe è forte, molto più forte di quanto i vostri occhi vi suggeriscano.

Arsène Wenger avrebbe adorato Emile Smith Rowe perchè é uno di quei giocatori che, come Alex Hleb e Tomas Rosicky prima di lui, fanno funzionare bene tutta la manovra, sono “l’olio tra gli ingranaggi” che permette al motore di funzionare a pieni giri.
“Deve produrre di più!” e forse avete ragione ma i freddi numeri non bastano per comprendere appieno Emile Smith Rowe, il cui gioco non è solo gol e assist.

Dategli fiducia. Quella maglia numero 10 è in ottime mani.

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