Sono Gay

“…E CHISSENEFREGA!”
Quanto vorrei che una risposta del genere, così intrisicamente negativa, diventasse la norma. Ahimé, ci vorranno ancora secoli.

Oggi non parlo di calcio, mi dispiace – almeno non in maniera diretta.
Ieri sera abbiamo vinto contro il Leeds, qualificandoci per i quarti di finale di Carabao Cup nonostante una formazione composta principalmente da riserve, ma la notizia è un’altra.

La notizia di oggi è il coming out di Josh Cavallo, terzino dell’Adelaide United in Australia, che ha dichiarato pubblicamente la propria omosessualità, diventando uno dei pochissimi calciatori in attività nel mondo apertamente gay; non è il primo, come riportato erroneamente da diversi organi di stampa, ma di certo il suo è un gesto che dovrebbe aprire le porte a tanti altri colleghi, in Australia e nel mondo, che ancora oggi vivono nel terrore di essere scoperti.

Quello della sessualità dei calciatori è un dibattito che mi ha sempre affascinato parecchio perchè restituisce un’immagine completamente diversa dell’individuo in privato e in pubblico – soprattutto in Italia.
Ho dato un’occhiata ai commenti legati ai vari lanci d’agenzia, attendendomi di leggere il peggio del peggio, ed invece ho trovato un florilegio di “bravo!”, “che coraggio!”, “quanto ti ammiro!” e di quei “chissenefrega” ai quali auspico arriveremo un giorno, come società. Eppure, frequentando qualche curva e qualche stadio, ho vissuto esperienze completamente diverse: sarà l’effetto-branco, sarà che sui social vogliamo tutti apparire un po’ migliori ma i conti non tornano.

Ricordo i cori amorevolmente dedicati a Giuseppe Favalli e Pavel Nedved in Italia, quelli per Graeme Le Saux e Sol Campbell oltremanica e tanti altri, alcuni dei quali negli stadi ritenuti più civili sia in Serie A e Premier League; ricordo alcuni striscioni, il più infantile dei quali esposto dai tifosi del Bayern Monaco contro il nostro gruppo di tifosi Gay Gunners, quindi non raccontiamoci balle: non siamo ancora arrivati ad un “chissenefrega” benevolo, non ci siamo nemmeno vicini.

I tifosi, tuttavia, sono l’ultimo dei problemi, oggi: i veri cattivi, in questa storia, sembrano essere i giocatori stessi, gli allenatore e alcuni dirigenti.

Ero troppo piccolo per ricordare in maniera vivida la storia di Justin Fashanu, fratello minore di John, suicidatosi in seguito all’ostracismo vissuto dopo aver dichiarato pubblicamente la propria omosessualità, perfino dal fratello maggiore John. Nella sua lettera d’addio, Justin Fashanu diceva di volersene andare per non causare altri imbarazzi a famiglia e amici – accettando così che la sua omosessualità fosse una colpa.

John Fashanu, di professione calciatore, ha preferito prendere le difese del proprio ambiente, anzichè di suo fratello – il che la dice lunga sulle dinamiche interne al mondo del calcio stesso. Non è l’unico, visto che anche il geniale Brian Clough, allora manager di Justin al Nottingham Forest, lo aveva attaccato pubblicamente, in maniera vile, anzichè prenderne le difese.

Erano gli anni ’90, un’epoca diversa, eppure le cose non sono cambiate granchè: Thomas Hitzlsperger, Thomas Beattie, Olivier Rouyer, Thomas Berling e la stragrande maggioranza dei giocatori dichiaratisi omosessuali lo hanno fatto dopo la fine della propria carriera, consci delle conseguenze di un eventuale coming out mentre erano ancora in attività.
Il nostro Jens Lehmann, sette anni fa, aveva sconsigliato a chiunque nel mondo del calcio di fare coming out, perchè “il calcio è una cosa da uomini”. Coincidenza, Jens Lehmann e Thomas Hitzlsperger hanno giocato insieme in Nazionale per anni: chissà come mai il centrocampista ex West Ham e Lazio ha taciuto la sua omosessualità! Andre Gray, attaccante del Burnley, ha recentemente cancellato un tweet del 2012, nel quale si chiedeva se era l’unico a vedere sempre più gay in giro, aggiungendo poi gli hashtags “bruciate”, “mifatevomitare” e “dovetemorire”. Robbie Fowler, leggendario attaccante del Liverpool, aveva usato parole affettuose nei confronti di Graeme Le Saux, etichettato gay perchè ama l’arte, legge i giornali e collezione pezzi d’antiquariato.

Roba da medioevo, altro che anni novanta.

I prossimi mesi e anni ci diranno a che punto è lo sviluppo sociale del calcio professionistico maschile, a seconda di come andrà la carriera di Josh Cavallo e di quanti altri calciatori, incoraggiati dal gesto dell’australiano, usciranno dal loro nascondiglio.

Non sono solo i tifosi a non essere pronti, è tutto il mondo del calcio a essere marcio, da questo punto di vista: il coming out di Josh Cavallo è importante perchè rischia di mettere a nudo l’ipocrisia, l’arretratezza e l’intolleranza del calcio professionistico maschile, che a differenza di quello femminile non è ancora stato capace di creare un ambiente inclusivo e sicuro.

Il calcio femminile ce l’ha fatta, non c’è ragione perchè la frase “sono gay” diventi banale anche tra i maschi.


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