Altra sconfitta pesante, dopo quella di Old Trafford: non nel risultato ma per il morale.
La classifica è ancora vagamente positiva ma è difficile rimanere ottimisti, dopo Goodison Park.
A freddo, una volta sbollita la frustrazione, è più semplice mettere le cose in prospettiva e capire alcune delle ragioni che hanno portato alle sconfitte contro Manchester United e Everton – la principale delle quali resta l’inesperienza della squadra e del manager: ad Old Trafford siamo scesi in campo con un rispetto ingiustificato per il blasone del Club di casa, a Goodison Park ci siamo fatti divorare dalla voglia di riscatto dell’avversario anziché approfittare del loro evidente momento di difficoltà ed infierire, come avremmo dovuto.
Non dovrebbe sorprendere che giocatori come Nuno Tavares, Emile Smith Rowe, Ben White, Takehiro Tomiyasu, Albert Sambi Lokonga o Gabriel Martinelli non sappiano ancora bene come interpretare certe partite e certi momenti della partita, semmai a preoccuparci dovrebbe essere l’apporto dei giocatori più navigati, che dovrebbero mostrare il cammino ai più giovani: parlo di Thomas Partey, Pierre-Emerick Aubameyang, Alexandre Lacazette, Granit Xhaka, Nicolas Pépé e Mohamed Elneny, che anziché trascinare si lasciano trascinare.
“I veterani devono guidare e i giovani devono seguire”, aveva detto Mikel Arteta dopo la partita contro il Newcastle, eppure sono due anni che i vari Bukayo Saka, lo stesso Emile Smith Rowe e Gabriel mandano avanti la baracca, con l’aiuto di Kieran Tierney e pochissimi altri.
Forse questi veterani non hanno abbastanza da insegnare, magari non sanno come trasmettere l’esperienza accumulata negli anni o forse l’esperienza stessa è un concetto sopravvalutato, una coperta di Linus che permette a Mikel Arteta (ma non solo) di continuare a puntare su giocatori che palesemente non fanno la differenza, con la scusa dell’esperienza.
Se il destino di una squadra poggia sulle spalle di un manipolo di ragazzini, è inevitabile che ci siano degli alti e bassi sia per quanto riguarda le prestazioni che i risultati, però se il manager è anch’egli alle prime armi, sperare che questi alti e bassi spariscano in fretta è da ingenui.
Dopo le ultime due sconfitte, non tanto per il fatto di aver perso quanto per il modo in cui sono arrivate, è legittimo porsi qualche domanda circa la compatibilità tra questo manager e questa squadra oppure più semplicemente riguardo le reali ambizioni e aspettative che accompagnano questa stagione: quanto vale davvero questo Arsenal, nel suo insieme?
La striscia di otto risultati utili consectutivi in Premier League forse ci ha spinti a credere che questa squadra potesse bruciare qualche tappa lungo il processo di crescita e apprendimento, mentre le due sventole prese contro Manchester United e Everton hanno immediatamente riportato a galla tutti i limiti di una rosa che è, ricordiamolo, la più giovane dell’intero campionato, guidata dal manager più giovane di tutti.
Forse è tempo di ammettere che questo Arsenal globalmente non vale molto di più di quello dell’anno scorso o dell’anno precedente ma che almeno possiede un potenziale altamente superiore, rispetto a quello delle stagioni precedenti. La vera domanda da porsi, quindi, è se siamo sicuri che Mikel Arteta sia l’uomo giusto per trasformare il potenziale di questi giovani calciatori in realtà.
Se sbagliamo la risposta, rischiamo di bruciare un ottimo gruppo di giovani giocatori e mangiarci le mani per gli anni a venire.