Vincere, giocare bene e non soffrire: ma che razza di diavoleria è mai questa?
Ieri, contro il Southampton, abbiamo ritrovato un Arsenal piacevole e convincente, seppur non pienamente.
Baby steps, come dicono quelli cool: un passetto alla volta, senza voler strafare e senza farsi trasportare dalle emozioni. Forse ci siamo tutti fatti distrarre dalle otto partite senza sconfitte prima della trasferta ad Anfield e abbiamo creduto (o voluto credere) che questa squadra potesse fare la grande con le piccole e, al contempo, dare fastidio alle big four. Errore.
Se questa squadra riuscisse anche solo a fare la grande contro le piccole IN CASA, avremmo già fatto progressi: sono state infatti appena otto le vittorie interne durante la stagione 2020/21, con Everton, Fulham, Crystal Palace, Burnley, Southampton, Leicester, Wolverhampton e Aston Villa tutte in grado di uscire dall’Emirates Stadium con qualche punto in tasca. Sono VENTUNO punti in meno in classifica, un’enormità nel contesto di una stagione che ci ha visti finire in ottava posizione, a quattro punti dall’Europa League e a sei dalla Champions League.
Ad oggi, abbiamo vinto sei delle otto partite disputate in casa: solo Chelsea e Crystal Palace sono usciti indenni dall’Emirates Stadium. Nel grande schema delle cose, questo è un enorme passo in avanti.
Adattiamo le nostre aspettative ad una squadra molto giovane e quindi inesperta – come il manager in panchina: abbiamo perso ad Old Trafford? Succede. Abbiamo subìto la rimonta di un Everton disperato? Peccato. Da un certo punto di vista, non sono quelle le partite che dovremmo vincere. Nonostante le difficoltà dei nostri avversari e nonostante le condizioni favorevoli, vincere a Old Trafford o a Goodison Park resta complicato, a meno che il gruppo di giocatori ed il manager abbiano abbastanza esperienza e malizia da saper gestire i diversi momenti della partita e dominare psicologicamente l’avversario.
Non siamo (ancora) quella squadra: abbiamo le qualità fisiche, abbiamo le qualità tecniche ma non abbiamo la scaltrezza né la forza mentale per affrontare certe partite, addomesticare certe situazioni o mettere in soggezione certi palcoscenici.
Anche noi tifosi, nel nostro piccolo, dovremmo forse reagire in maniera diversa ai vari passi falsi che questa squadra, inevitabilmente, farà lungo la strada; dovremmo fare astrazione dalle condizioni nelle quali arriva una sconfitta in una partita che, sulla carta, avremmo dovuto perdere – o per lo meno non vincere. Ci saranno anche sorprese positive lungo la strada, come la vittoria a casa del Leicester, che dovremo essere bravi a festeggiare come il più inatteso dei trofei.
La partita di sabato contro il Southampton ci ha dimostrato che questi sono giocatori di indubbia qualità ma non dobbiamo dimenticare che si tratta di un manipolo di giocatori che oscillano tra i 19 e i 24 anni: Aaron Ramsdale, Takehiro Tomiyasu, Ben White, Gabriel, Nuno Tavares, Albert Sambi Lokonga, Bukayo Saka, Martin Ødegaard, Emile Smith Rowe e Gabriel Martinelli sono tutti giovanissimi e a loro va lasciato il diritto di sbagliare, poco importa come e quando succederà.
Cadranno di nuovo, quando ce lo aspetteremo meno, e noi potremo solo abbastanza bravi da saperlo accettare.