Pep 2.0

Mikel Arteta il pupillo, l’allievo prediletto, l’erede naturale, il…clone?
Il rapporto molto stretto tra i due spagnoli è noto da tempo, forse però va al di là della semplice stima.

Come sappiamo, infatti, Pep Guardiola non era particolarmente soddisfatto di sapere che il suo assistente e pupillo stava considerando un’offerta per diventare allenatore dell’Arsenal. L’ex Barcellona e Bayern Monaco non voleva infatti privarsi del suo fidato braccio destro e l’ha lasciato andare a malincuore.

Da quando ha fatto il grande passo da assistente ad allenatore, Mikel Arteta ha più volte rilasciato dichiarazioni e assunto atteggiamenti molto simili a quelli del suo mèntore e le ultime scelte di mercato lo avvicinano ancora di più alla figura dell’attuale manager del Manchester City, tanto da diventarne quasi un clone.

Alla sua tendenza a telecomandare i giocatori a distanza e ai lunghi colloqui faccia a faccia a bordocampo con il malcapitato calciatore di turno, infatti, si è aggiunta la maniera di costruire la squadra e metterla in campo: se la sessione di mercato invernale ci ha insegnato una cosa è che Mikel Arteta, come Pep Guardiola, preferisce una rosa limitata ma poliedrica al classico schema del ricambio ruolo per ruolo.
Le cessioni di Calum Chambers, Pablo Marí, Sead Kolašinac, Ainsley Maitland-Niles, Folarin Balogun e Pierre-Emerick Aubameyang infatti hanno in comune il fatto di riguardare giocatori che il campo non lo hanno praticamente mai visto e che non lo avrebbero visto mai, nemmeno per infortuni o squalifiche dei vari compagni di squadra.

Della rosa attuale, solo Eddie Nketiah ha giocato meno rispetto ai sei giocatori citati, ai quali il manager spagnolo ha concesso solo le briciole. Per Pierre-Emerick Aubameyang va fatto un discorso a parte perché escluso per ragioni disciplinari e non sportive ma per gli altri cinque il verdetto è inappellabile: nessuno ha giocato più di due partite da titolare in Premier League e tutti assieme hanno accumulato meno della metà dei minuti giocati da Ben White (giusto per fare un esempio), a testimonianza di una completa inutilità agli occhi del manager.

Chiuso il mercato di gennaio, ci ritroviamo con 18 giocatori di movimento e 3 portieri, molti dei quali capaci di ricoprire posizioni diverse e ruoli diversi, a seconda delle richieste del manager. Indovinate chi ha una rosa simile? Esatto.
Siamo lontani anni luce dalle rose extra-large di Manchester United (21 giocatori di movimento) e Chelsea (22), che hanno (almeno) un ricambio per ruolo ma tra noi e il Manchester City c’è un enorme differenza, che potrebbe costare carissima a Mikel Arteta: la qualità dei pochi giocatori in rosa.

Se Pep Guardiola può permettersi il lusso di cambiare Mahrez con Foden o Sterling con Bernando Silva, i “ricambi” di Mikel Arteta si chiamano Cédric, Albert Sambi Lokonga e Nicolas Pépé. Non è proprio la stessa cosa.
Non vorrei che l’ex allievo prediletto avesse preso troppo alla lettera gli insegnamenti del suo illustre professore, dimenticando che il contesto e le circostanze hanno la loro importanza.

Da clone a c**l*one è un attimo.

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