Così vicini, eppure ancora distanti.
Non avremmo meritato questa sconfitta, eppure in un certo senso è giusta.
Il Liverpool è una squadra nel pieno della propria maturità fisica, tecnica e tattica, con un allenatore che ha affinato la propria strategia a tal punto da potersi concentrare sui dettagli infinitamente piccoli, quelli che a certi livelli decidono le partite.
Noi, invece, siamo una squadra giovanissima, che ha appena trovato la propria identità ed è ancora lontana dalla maturità messa in mostra dal Liverpool.
Loro vicono e noi perdiamo, è naturale.
Le nostre scelte sono ancora affrettate, la nostra tenuta psicologica ancora instabile e raggiungiamo picchi d’intensità incredibili, senza tuttavia riuscire a mantenerli durante l’arco di una partita intera.
Abbiamo giocatori disposti a lasciare tutto sul campo, come hanno fatto ieri sera Gabriel Martinelli e Bukayo Saka, ad esempio, ma non ancora capaci di gestire i ritmi di certe partite e di conseguenza veniamo regolarmente puniti ben oltre i nostri demeriti.
Siamo arrivati ad un momento di stallo, in un certo senso, perché sappiamo dominare un gran numero di avversari in Premier League ma non siamo ancora al livello necessario per diventare una vera candidata al titolo o ad un posto assicurato tra le prime quattro. In questo momento siamo probabilmente la candidata più autorevole del resto del gruppo ma non siamo ancora in grado di staccarci, come ha saputo fare il Chelsea del dopo-Lampard.
L’Arsenal che abbiamo visto negli ultimi due mesi è infinitamente migliore di Manchester United, West Ham, Wolverhampton e superiore al Tottenham – anche se in maniera non altrettanto netta – ma per fare il salto di categoria servono giocatori migliori, sia nell’XI di partenza che in panchina.
È una conclusione forse semplicistica e magari un po’ brutale ma finché i nostri giovani non avranno completato il proprio processo di maturazione, fino a che certi veterani non saranno rimpiazzati e fino a quando la nostra panchina non presenterà vere alternative ai titolari, il nostro livello è questo.
Attenzione però, è un ottimo livello, un livello che sembrava irraggiungibile ad inizio stagione, quindi non è il caso di fasciarsi troppo la testa o passare troppo tempo a rimuginare sul gol di Jota, sull’occasione mancata da Martin Ødegaard o sull’errore di posizionamento di Gabriel.
Sono errori fisiologici, dai quali i singoli giocatori impareranno un’importante lezione (almeno spero…) ma soprattutto sono errori che ormai commettiamo solo contro le migliori e non più sistematicamente, come succedeva non troppo tempo fa.
Concentriamoci su questo aspetto, sulla crescita sistemica di una squadra che ha saputo dare un’accezione positiva al termine “stallo” e raggiungere la prima tappa della propria evoluzione molto più velocemente di quanto previsto. Concentriamoci su prestazioni come quella contro il Leicester, il Wolverhampton, il Brentford, il Leeds e tante altre perché saranno queste prestazioni a consegnarci le chiavi della Champions League.
Siamo fermi ma siamo in un posto bellissimo.