L’Ultima Campanella

DRRRIIIIIIIIIIIIN! Si torna in campo!
Finalmente ci siamo messi alle spalle anche l’ultima sosta internazionale.

In attesa di sapere quali siano le condizioni dei vari giocatori impegnati con le rispettive Nazionali, è rassicurante sapere che non dovremo più vivere con l’ansia di un infortunio inopportuno, di un contagio da Covid-19 o di un ritardo aereo che arrivano e complicano i piani di Mikel Arteta.

A partire da oggi, tutte le attenzioni sono concentrate sulle dieci partite che ci separano dalla fine del campionato. Le prossime dieci sfide ci diranno se il sogno europeo della squadra più giovane della Premier League è destinato a restare tale oppure se, un po’ a sorpresa, questa squadra ritroverà il prestigioso palcoscenico della Champions League.

Sono passate cinque stagioni, eppure sembrano cinque secoli: il declino, dapprima negato con forza, è man mano diventato più evidente e a tratti è sembrato perfino irrimediabile, tanto da instillare dubbi profondi a proposito della proprietà, della dirigenza, del manager e dei giocatori. Dopo aver toccato il fondo durante i turbolenti anni di Unai Emery, Raúl Sanllehí, Sven Mislintat e della campagna “We Care, Do You”, l’Arsenal sembrava definitivamente perso a causa dei due ottavi posti consecutivi in Premier League, nonostante la vittoria della FA Cup e del Charity Shield.

Ora che è suonata l’ultima campanella della stagione 2021/22, ci ritroviamo quarti in classifica con tre punti e una partita di vantaggio rispetto alla prima inseguitrice, quel Tottenham che sembrava aver soverchiato definitivamente le gerarchie del Nord di Londra. Una situazione ideale, non fosse per le pressioni che si porta dietro: improvvisamente ci ritroviamo ad essere favoriti per un piazzamento che, a inizio stagione, sembrava fantascienza.

Come gestiranno la pressione i nostri giovani Gunners?

Un conto è lottare per un traguardo così prestigioso e inatteso, un conto è vincere la corsa: se fino a qui ogni buona prestazione, ogni vittoria, ogni gol erano accolti con orgoglio perché sostanzialmente inattesi, d’ora in poi ogni partita sarà accompagnata da aspettative completamente diverse, derivanti dal fatto che la squadra si è dimostrata capace di produrre prestazioni e risultati di altissimo livello per un lungo lasso di tempo.

Se abbiamo vinto a casa del Wolverhampton, tra l’altro in condizioni proibitive, perché non dovremmo fare altrettanto contro Crystal Palace o Southampton? Se abbiamo dato filo da torcere a Manchester City e Liverpool, perché non dovremmo fare altrettanto contro Chelsea e Manchester United?

La capacità di questa squadra d’inanellare prestazioni e risultati rischia di trasformarsi in una condanna, perché a partire da ora ogni passo falso peserà il doppio, il triplo rispetto a qualche mese fa. Alcune delle vittorie “a sorpresa” che questa squadra ha saputo portare a casa nelle ultime settimane hanno cambiato le aspettative per le prossime sfide, altrettanto difficili ma ora “da vincere”, appunto perché siamo stati capaci d’imporci là dove molti ci davano per spacciati.

C’è tanto da metabolizzare per un gruppo di ventenni agli esordi.

Bukayo Saka ha giocato la finale di un Europeo ma, a parte questo, gli altri non hanno mai affrontato certe partite: Emile Smith Rowe è entrato stabilmente in prima squadra un anno fa, Gabriel Martinelli è arrivato dalla quarta divisione brasiliana e tutti gli altri hanno accumulato esperienza in Club più o meno invischiati nella lotta per non retrocedere. Troppo poco per essere certi che le gambe non tremeranno o che non patiranno la sindrome del braccino, per prendere in prestito un termine motociclistico.

Mikel Arteta dovrà essere bravo ad incanalare queste pressioni e usarle per motivare i suoi giocatori, anziché lasciare che finiscano schiacciati. Da parte nostra, possiamo dare una mano tenendo bene a mente che l’obiettivo d’inizio stagione era tornare in Europa e che la Champions League era decisamente fuori portata.

Oggi lo è un po’ meno ma arrivarci sarebbe comunque un’impresa epica.

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