Durerà quel che durerà. Non durerà affatto. Non importa.
Otto giornate di Premier League, sette vittorie e una sconfitta. Siamo davanti a tutti.
Due giorni dopo la straodinaria vittoria interna contro il Tottenham, voluta e trovata con una maturità e una fiducia nei propri mezzi da grandissima squadra, l’euforia non è ancora scesa e con essa la sensazione di vivere in una specie di universo onirico, nel quale il giovane Arsenal gioca un calcio spettacolare in attacco, concede poco o nulla agli avversari e s’installa meritatamente in testa alla classifica, alla faccia del mondo.
Se la sconfitta di Old Trafford aveva gettato dubbi sulla tenuta mentale di questa squadra, il tre a uno del North London Derby li ha spazzati via e restituito all’intera Premier League l’immagine di una squadra che ha i mezzi per affrontare qualsiasi avversario e giocarsi le prime posizioni come mai era successo nell’ultimo decennio.
L’ombra del Manchester City del cyborg è lunga e minacciosa e probabilmente compagini con Liverpool e Chelsea recupereranno smalto, da qui alla fine della stagione, ma in quel lotto ci siamo anche noi e ci siamo alla grande. Ogni partita che passa toglie scuse a chi non crede che questo Arsenal faccia sul serio: prima era “solo l’inizio”, poi era “il calendario semplice”, poi “visto che hanno combinato a Old Trafford” e sabato, dopo l’ennesimo auto-sabotaggio difensivo, in tantissimi si aspettavano l’implosione davanti ad un Tottenham più esperto, meglio organizzato e più forte del giovane Arsenal.
Sorpresa: questo giovane Arsenal ha grandi attributi, e non mi riferisco solo “alla virtù meno apparente, tra tutte le virtù la più indecente” per citare Fabrizio De André.
Questa squadra crede in quel che fa e si diverte a farlo.
Le prestazioni di William Saliba, Gabriel Martinelli e Bukayo Saka, tutti appena ventunenni, sono la miglior testimonianza a favore della bontà del progetto Arteta e del modo in cui il manager spagnolo ha saputo plasmare i giovani a propria diposizione. Mikel Arteta ha creato un sistema di gioco, ancora in via di perfezionamento, che garantisce solidità e al contempo lascia spazio all’istinto, all’improvvisazione. Un sistema nel quale ogni giocatore ha sempre diverse opzioni a disposizione e non è quasi mai sotto pressione, nel quale può provare la giocata audace senza esporre la squadra a rischi inutili e nel quale, se necessario, può facilmente rifugiarsi nel passaggio semplice o lo scarico del pallone senza pericolo immediato.
Otto partite sono poche per fare previsioni o proiezioni, tuttavia il modo in cui la squadra ha gestito avversari e situazioni completamente diverse tra loro è impressionante ed è inevitabile chiedersi quanto possa andare lontana. Con ogni probabilità il titolo è ancora fuori dalla nostra portata ma parlare di un Arsenal antagonista della grande favorita non è un’eresia.
Questo concetto, da solo, mi riempie di orgoglio e di euforia.
Anche se è solo un gran bel sogno, non svegliatemi.