73 anni, di cui 22 passati all’Arsenal. Quando uno dice il posto fisso…
Scherzi a parte, una longevità del genere non la vedremo mai più, questo è certo.
Che piaccia o no, non ci sarà un altro Arsène Wenger né per l’Arsenal, né per qualsiasi altro club professionistico. Allenatori che abbiano seduto così a lungo sulla stessa panchina ce ne sono pochissimi: sir Alex Ferguson a Manchester, Guy Roux all’Auxerre e, primo tra gli italiani, Vittorio Pozzo, rimasto sulla panchina della Nazionale dal 1929 al 1948. Al giorno d’oggi, restare sulla stessa panchina per sei, sette magari otto stagioni è già un’impresa e, aspetto ancor più preoccupante, talmente raro da chiedersi se i club, quando mettono qualcuno alla testa di una squadra, abbiano un vero progetto in testa.
Purtroppo di Arsène Wenger si tende a ricordare più il periodo dell’addio ad Highbury, della gioventù folle mandata allo sbaraglio e le frizioni degli ultimi tre anni sulla panchina dell’Arsenal, eppure Arsène Wenger è la ragione principale grazie alla quale molti giovani hanno preso a cuore le vicende dei Gunners. Il suo primo decennio a Londra è stato semplicemente rivoluzionario e l’iniziale scetticismo dell’arretrata, conservartice Inghilterra, ha dovuto lasciar posto all’ammirazione totale per un uomo che ha cambiato il volto del calcio d’oltremanica, introdotto concetti quasi inediti sia sul campo che al di fuori di esso e proposto un calcio che toglieva al fiato – a chi guardava l’Arsenal e a chi si ritrovava a doverlo affrontare.
Doveva vincere di più.
Doveva portare a casa una Champions o almeno una coppa UEFA.
Forse, tuttavia ridurre l’impatto di Arsène Wenger sul calcio inglese ed europeo ad una mera lista di trofei sarebbe ingiusto. Ha vinto “solo” tre Premier League ma è importante sottolineare COME le ha vinte: la prima a casa del Manchester United, il rivale più agguerrito e pericoloso; una a White Hart Lane, giardino dei cugini meno fortunati; una senza perdere nemmeno una partita, record che né i tanti Manchester United di sir Alex Ferguson, né il Chelsea di Abramovich degli investimenti folli, né il Manchester City degli sceicchi e di Peo Guardiola, almeno finora.
Non solo, l’Arsenal di Arsène Wenger ha vinto tre campionati giocando un calcio spettacolare, propositivo, divertente e travolgente, tanto da attirare un numero sempre più grande di tifosi, in Inghilterra e nel mondo. L’Arsenal globale di oggi nasce proprio da lui, dalle sue intuizioni geniali sul mercato e dai suoi modi da professore universitario di quelli da film, la cui eloquenza e la cui affabilità rendono impossibile non restare ammaliati. Capisco chi dice che ad un certo punto la sua figura è diventata troppo ingombrante e che il suo nome si è fuso a tal punto con quello del club da diventare una sola, forse malsana entità, ma non per questo bisogna negare che esiste un Arsenal prima di Arsène Wenger e un Arsenal dopo Arsène Wenger.
La sua influenza è stata talmente potente da rendere l’Arsenal il club estero più in vista in Francia, in Italia, in gran parte dei Paesi africani, in Giappone e in molti stati del sud-est asiatico. Perché, secondo voi, William Saliba è cresciuto tifando Arsenal? Perché Robin van Persie aveva una maglia dei Gunners, da bambino? Perché Abou Diaby, Emmanuel Eboué, Emmanuel Adebayor, Serge Aurier, Oleksandr Zinchenko, Gervinho, Antonio Rüdiger, Wilf Zaha e tanti altri sono dichiaratemente e orgogliosamente Gooners?
In occasione del suo 73esimo compleanno, voglio provare umilmente a restituire un pochino di splendore ad un manager ed un uomo che hanno dato lustro al nome del club che amo e che, con lui in panchina, mi ha dato le più grande gioie sportive. L’uomo che ha portato all’Arsenal Patrick Vieira e Thierry Henry, che mi ha permesso di ammirare Robert Pirès, Cesc Fàbregas, Robin van Persie, Sol Campbell, Kolo Touré o Ashley Cole; l’uomo che ci ha fatto alzare il trofeo a Old Trafford e a casa dei cugini, che ci ha fatto mettere in bacheca l’unico trofeo dorato che sia mai stato prodotto; l’uomo che ha difeso con le unghie e con i denti il buon nome dell’Arsenal, che ha proposto un replay di coppa all’avversario sconfitto in maniera controversa, che ha sempre protetto i propri giocatori come dei figli e che ci ha fatto gonfiare il petto d’orgoglio con i suoi modi impeccabili e la sua intelligenza superiore, merita di essere ricordato per quanto di straordinario è riuscito a fare sulla panchina dell’Arsenal.
There’s only one Arsène Wenger.