I Quattro Moschettieri

D’Artagnan era Moschettiere del Re o VOLEVA diventare Moschettiere del Re?
Dubbi amletici a parte, oggi vorrei parlarvi dei Moschettieri di Mikel, invece.

I Moschettieri in question non sono per niente francesi e non sono particolarmente abili nelle stoccate, anzi; il loro più grande pregio è saperle bloccare, quelle famose stoccate. Questo lungo e cervellotico preambolo mi serve per parlare di quattro giocatori che oggi rappresentano al meglio il nuovo corso dell’Arsenal, quello che dovrebbe portarci a competere per i traguardi più prestigiosi sia in Inghilterra che in Europa.

Guardando indietro, la visione che Mikel Arteta ha venduto ai Kroenke per prendersi la panchina dell’Arsenal arriva alla quarta fase, quella più difficile e ambiziosa: dopo la prima fase di stabilizzazione, la seconda durante la quale ha costruito il nocciolo duro della propria squadra e la terza, servita a consolidare la rosa e aggiungere tasselli di qualità ed esperienza, ora è il momento di fare il salto di qualità e avere due alternative d’identico spessore per ogni ruolo.

Per chi avesse la memoria corta o non avesse visto le stagioni precedenti, faccio un piccolo riassunto: in un primo momento, il manager ha mandato in campo la squadra con un 3-4-3 tanto efficace quanto lontano dal suo credo calcistico. All’apice del pragmatismo, Mikel Arteta ha disegnato uno schieramento che minimizzasse l’apporto alla manovra di Pierre-Emerick Aubameyang, massimizzandone allo stesso tempo le possibilità di arrivare indisturbato in zona gol. Il gabonese, libero di galoppare sulla sinistra, aveva le spalle coperte da Ainsley Maitland-Niles e Kieran Tierney. Allo stesso tempo, David Luiz era il perno centrale della difesa e relativamente libero d’impostare palla al piede senza trovarsi troppo sotto pressione.

Risultato: una FA Cup, un Community Shield ma tante, troppe partite di una noia mortale e due ottavi posti in campionato.

La svolta tattica, che ha portato all’apertura della fase due, è stato l’innesto di Emile Smith Rowe nell’XI titolare ed il passaggio al 4-2-3-1. A rischio concreto di esonero, lo spagnolo si è giocato tutto e ha avuto ragione, costruendo da quel momento in poi una squadra più incline al palleggio e meno avvezza alle transizioni. Unico problema (non da poco): i giocatori a disposizione non erano adatti a questo tipo di gioco. Ecco allora che inizia la rivoluzione: prima arrivano Gabriel, Thomas Partey e William (!), poi l’estate successiva dentro Ben White, Aaron Ramsdale, Takehiro Tomiyasu, Martin Ødegaard e Albert Sambi Lokonga.

Soprattuto, nello stesso lasso di tempo sono stati ceduti o svincolati ben 12 giocatori, tra i quali Sokratis, Mustafi, Özil, Aubameyang, Mkhitaryan, Kolasinac, David Luiz e Willian.
Il nuovo Arsenal, giovanissimo, inizia a giocare un bel calcio e a raccogliere punti con una certa continuità ma cade ancora a più riprese, com’è fisiologico che sia quando l’età media della squadra è la più bassa dell’intera Premier League. Dopo aver sfiorato il quarto posto, Mikel Arteta e i suoi chiudono al quinto posto e tornano in Europa, affidando gli archivi i due ottavi posti consecutivi delle due stagioni precedenti. La terza fase inizia proprio sulla delusione del quarto posto gettato alle ortiche e assume la fisionomia di due giocatori, Gabriel Jesus e Oleksandr Zinchenko.

I due acquisti di punta dell’estate segnalano a tutti le intenzioni del club e di Mikel Arteta, che nel frattempo ha finito l’opera di ricostruzione svincolando Alexandre Lacazette e Héctor Bellerín, ultimi vestigi di un Arsenal che fu, per far spazio ai nuovi acquisti e al ritorno in pompa magna di William Saliba, esploso definitivamente a Marsiglia. Quella che stiamo vivendo è il culmine della terza fase del progetto di Mikel Arteta, durante la quale la squadra sta dimostrando di potersela giocare con Manchester City, Liverpool e compagnia.

Durerà? Probabilmente no.
Ecco perché la fase quattro, la prossima, sarà decisiva.

Per durare, questa squadra ha bisogno di alternative di grande qualità in ogni ruolo ma per ora non può concedersi un tale lusso, più per questioni di prestigio che di portafogli.

E i Moschettieri, in tutto questo?

Eccoli: Ben White, Takehiro Tomiyasu, Kieran Tierney e Oleksandr Zinchenko. I nostri quattro terzini rappresentano l’ideale al quale dovremmo aspirare per poterci giocare la Premier League o, perché no, la Champions League.
Quattro giocatori potenzialmente titolari, quattro elementi che offrono qualità e caratteristiche diverse, quattro calciatori che vorrebbero giocare sempre e che competono ferocemente per un posto da titolari.

Quando la nostra rosa avrà alternative di questo livello in ogni reparto, allora si che l’Arsenal avrà raggiunto il livello al quale faceva riferimento Ivan Gazidis un paio di ere geologiche fa. Edu e Mikel Arteta dovranno essere impeccabili nell’identificare e portare all’Arsenal giocatori che migliorino costantemente la rosa e non semplici comprimari, oppure non passeremo mai alla fase quattro e, con ogni probabilità, questa generazione dorata non raccoglierà i frutti che merita. Anziché mettere sotto contratto i Cédric e i Pablo Marì di questo mondo, onesti mestieranti che sono serviti solo a dar fiato ai titolari, il club dovrà pensare a migliorare in permanenza – come fatto con Oleksandr Zinchenko, arrivato nonostante la presenza in rosa di uno dei migliori terzini della Premier League.

La stagione scorsa, sia Kieran Tierney che Takehiro Tomiyasu sembravano intoccabili, pilastri sui quali costruire l’XI ideale, ed invece oggi sono le riserve di Ben White e Oleksandr Zinchenko, rispettivamente.

Idealmente parlando, dovremmo avere situazioni simili anche a centrocampo e in attacco, dove invece i titolari sono relativamente tranquilli: Thomas Partey e Bukayo Saka sono insostituibili, Granit Xhaka si mangia Albert Sambi Lokonga a colazione e Martin Ødegaard guarda Fábio Vieira come un adulto guarda un bambino che prova inutilmente ad aprire un vasetto di marmellata, per non parlare del dualismo Gabriel Jesus-Eddie Nketiah.
Per arrivare ad avere una rosa davvero competitiva serviranno intuizioni geniali e un po’ di fortuna, dato che le risorse sono limitate e il modello finanziario del club si vuole autosostenibile, quindi ci arriveremo per tappe – se ci arriveremo.

Alcuni giocatori, tra quelli già in rosa, diventeranno importanti col tempo e con l’esperienza, altri invece non faranno il salto di qualità o caleranno nel rendimento e dovranno essere ceduti. Nuno Tavares sembra essere il primo acquisto “sbagliato” del nuovo corso ma, date le buone prestazioni a Marsiglia, potrebbe protare in cassa risorse preziose per rinforzare altri profili, altri ruoli, altre zone del campo. Forse lo stesso destino toccherà a Albert Sambi Lokonga, Fábio Vieira, Eddie Nketiah, Reiss Nelson e chissà chi altri, anche tra i “titolari”, nell’ottica di rendere l’Arsenal una squadra più competitiva.

Oggi ci sono quattro Moschettieri, speriamo che in futuro siano molti di più.

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