Manca una manciata di giorni all’apertura di Qatar 2022, il Mondiale della discordia.
Sarà un’impressione mia ma pare che il mondo abbia appena saputo che si gioca un Mondiale in Qatar.
DISCLAIMER: il Mondiale in Qatar è una porcata. Il Qatar è uno stato inqualificabile. La FIFA si commenta da sé.
Chiariti questi tre punti chiave, vorrei dedicare questo ultimo pezzo prima della sosta invernale alla più grande rassegna calcistica mondiale e togliere di un paio di sassolini che ho nelle scarpe.
Il Mondiale è stato assegnato al Qatar il 2 dicembre 2010, con DODICI ANNI d’anticipo rispetto alla competizione stessa, eppure l’ondata di indignazione e polemiche – sacrosante – riguardo il processo di assegnazione è iniziata un paio di settimane fa.
Il Qatar era un modello di libertà e diritti civili nel 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019, 2020 o 2021? No. Ovviamente no. Già nel 2010 lo denunciava Amnesty International, lo gridava forte e chiaro Human Rights Watch nel 2012 ma tutti a voltarsi dall’altra parte o – schifo assoluto – farneticare sulle ragioni per le quali attribuire il Mondiale 2022 al Qatar fosse una buona idea. Strapparsi le vesti oggi, dopo aver ignorato l’evidenza per oltre un decennio, mi pare quantomeno ipocrita.
Il Qatar non avrebbe mai dovuto organizzare il Mondiale 2022, né qualsiasi altra manifestazione sportiva, perché promuove politiche che sono diametralmente opposte allo spirito dello sport, eppure eccoci qua. Di levate di scudi, all’epoca, ne ho viste poche e quelle che ho visto sono state tacciate di faziosità, come qualsiasi protesta nei confronti di grandi manifestazioni pubbliche, sportive e non.
Ogni appello a boicottare il Mondiale proveniente da chi fino a ieri ha fatto lo struzzo è semplicemente irricevibile, perché figlio di una voglia malcelata di salire sul carro dei vincitori e non di un ideale autentico e quindi profondamente falso.
Inoltre, chiedere una qualsiasi rappresaglia draconiana nei confronti del Qatar a meno di un mese dal calcio d’inizio del Mondiale è patetico perché irrealizzabile: assegnare la competizione ad un altro Paese è impossibile, cancellarla tout court anche.
Bisognava svegliarsi prima, signori. Bisognava sostenere chi protestava contro l’attribuzione del Mondiale 2022. Ora è troppo tardi per indignarsi. Se strepitare contro l’oscenità della scelta della FIFA (o della FIFA stessa) vi fà sentire meglio o vi fà apparire più puri, accomodatevi. Sappiate però che non cambierà nulla a quel che (non) avete detto o fatto fino all’altro ieri.
“Anche se voi vi credete assolti, siete per sempre coinvolti“, cantava Fabrizio De André, e da questa posizione non vi schioda più nessuno.
Lo schifo attorno a Qatar 2022 m’impedisce di godermi quella che, da sempre, è stata la mia competizione calcistica preferita: il mio primo ricordo Mondiale è la finale per il terzo e quarto posto tra Italia e Inghilterra del 1990, partita che al resto del mondo probabilmente non interessava affatto, e ho ancora stampato in mente Franco Baresi in lacrime a Pasadena, il rumore del pallone calciato da Luigi Di Biagio che colpisce la traversa a Parigi, lo sguardo idiota di Moreno mentre sventola il cartellino rosso in faccia a Francesco Totti, il gol di Fabio Grosso contro la Germania a Dortmund, il bellissimo e inutile pallonetto di Fabio Quagliarella contro la Slovacchia e la sconfitta contro il Costa Rica del 2014. È tutto lì, assieme alle emozioni più forti che ha saputo trasmettermi l’Arsenal, ma so che quest’anno sarà diverso perché non ci sarà nessun Mondiale, per me. Non in segno di protesta, non per farmi bello con gli amici ma perché mi è stata tolta la voglia di guardare le partite.
Quindi, e qui veniamo ai sassolini, non venite a pavoneggiarvi della vostra purezza perché “io per protesta i Mondiali non li guardo” o “perché bisogna fare qualcosa di concreto per far capire alla FIFA che così non va” perché non è oggi che bisogna protestare. Era 12 anni fa.
DODICI. ANNI. FA.
Ugualmente, non venitemi a spiegare che guardare il Mondiale è importante per far luce sui problemi del Qatar, sulle sofferenze dei migranti, sulla discriminazione della comunità LGBTQIA+ perché anche se ci saranno concessioni da parte della monarchia locale, le cose torneranno esattamente com’erano non appena il Mondiale sarà finito e a noi (o a voi) non interesserà più sapere che l’omosessuoalità è punita con la pena di morte o che i lavoratori muoiono letteralmente di caldo e fatica, vi volterete dall’altra parte esattamente come avete fatto l’altro ieri.
Godetevi il Mondiale, se volete. Non guardatelo, se non volete. Ma tenetevi le vostre opinioni.
Clock End Italia va in vacanza, ci sentiamo quando l’Arsenal tornerà in campo.