Oddio, abbiamo perso! Il titolo è andato! OH NOOOOOOOOOOOO…
SPOILER ALERT: succederà di nuovo nelle prossime 18 partite – anche con squadre oggettivamente inferiori.
Non sono qui a difendere la prestazione di Goodison Park, né avanzare recriminazioni per il risultato uscito dalla partita di domenica perché gli uomini di Dyche, grazie alla loro partita difensiva assolutamente sontuosa, hanno meritato di portare a casa i tre punti.
Sono qui per rimettere le cose in prospettiva, se ci riesco, perché abbiamo perso in trasferta, contro una squadra il cui organico sicuramente non merita il posto in classifica attuale, rinvigorita da un cambio di manager più che necessario e che, di tutti i manager a disposizione, si è affidata a quello i cui princìpi sanno esaltare i tifosi e i giocatori quando si tratta di uscire da un momento di crisi.
Insomma, la classica buccia di banana.
L’abbiamo presa in pieno. Ci abbiamo messo sopra il piedone quando Eddie Nketiah ha sparato fuori da ottima posizione, poi seguito a ruota da Martin Ødegaard, e più in generale buttando via troppi palloni quando dovevamo far correre a vuoto gli avversari e calmare immediatamente gli ardori dei padroni di casa. Tenuto conto che si tratta della seconda sconfitta in venti partite di Premier League e che, sono pronto a scommetterci, QUESTO Everton toglierà punti a tante altre squadre, questa sconfitta non mi preoccupa poi così tanto.
A chi dice che l’Everton ha trovato la falla nel sistema di gioco di Mikel Arteta vorrei rispondere con un “si, ma”, perché raddoppiare sistematicamente come hanno fatto loro, coprire così tanto campo con cotanta disciplina e vincere così tanti duelli non è poi così semplice, senza contare il fatto che il nostro manager e il suo staff staranno sicuramente lavorando a nuove idee e nuovi approcci tattici per evitare di diventare troppo prevedibili. Semmai, la sconfitta di Goodison Park è un utilissimo campanello di allarme per staff e giocatori, a ricordare che in Premier League ogni vittoria va conquistata con grande determinazione e dispendio d’energia.
Anche un Everton penultimo in classifica, reduce da un filotto di sei sconfitte e un pareggio in sette partite e col secondo peggior attacco del campionato può mettere in difficoltà la capolista, imbattuta da tredici turni e capace di battere Manchester United e Tottenham nello spazio di otto giorni.
Il risultata del Tottenham Stadium non ha fatto che confermare la tesi di cui sopra perché l’opinione quasi unanime era che gli uomini di Guardiola avrebbero fatto un sol boccone degli Spurs e che avrebbero accorciato a due punti il distacco dall’Arsenal, eppure ecco che i Citizens hanno perso malamente, lasciando passare un’altra occasione per farsi davvero sotto. Oggi, con 18 partite da giocare, abbiamo ancora la possibilità di andare a +8 sulla diretta inseguitrice, che per ironia della sorte si trova ad equidistanza tra il primo e il quarto posto, occupato dal Newcastle. Ovviamente il Manchester City è, sulla carta, la squadra più forte della Premier League, eppure continua a perdere punti là dove in teoria non dovrebbe e si scopre profondamente dipendente dai gol di Haaland (25, poco meno della metà di tutti quelli segnati dal City), giocatore alieno nel bene e nel male. Magari il famoso filotto di vittorie che tutti prevedono arriverà e sarà decisivo nella corsa al titolo, magari invece le bucce di banana continueranno a prenderle anche loro, come stiamo facendo noi e come fanno regolarmente anche le inseguitrici.
Le bucce di banana per l’Arsenal si chiamano Aston Villa, Leicester e West Ham in trasferta e Chelsea, Brighton, e Crystal Palace in casa, alle quali vanno aggiunte le partite contro Newcastle e Liverpool in trasferta e le due contro lo stesso Manchester City, per le quali i Gunners non sono considerati come favoriti assoluti. Scivoleremo ancora durante la stagione, più volte, ed è meglio prepararsi psicologicamente perché sarà una corsa intensa ed estenuante, piena d’imprevisti e…brutte cadute.
Abbiamo perso. Gli anglofoni direbbero sh*t happens.