È adesso che dobbiamo farci prendere dal panico?
Sconfitti a Goodison Park dall’Everton e bloccati sul pari dal Brentford, in casa.
Si percepisce un certo nervosismo ed è naturale sia così: dopo mesi a dirci “vediamo quanto durerà”, ci siamo convinti che questa squadra potesse davvero lottare per il titolo e quindi i livelli d’ansia sono andati decisamente in overdrive. Tutto già visto e già vissuto per chi, come me, ricorda gli ultimi titoli vinti e pure quelli sfumati sul più bello.
Non ho ancora vissuto un campionato vinto in scioltezza, a parte quello irripetibile del 2004 (e comunque a tra novembre e dicembre non ero per niente tranquillo…) e ho ancora gli incubi per ciò che è successo nel 2003, quando i pareggi contro Aston Villa e Bolton, oltre al famoso 2-3 in casa contro il Leeds di Viduka, hanno consegnto al Manchester United un campionato che sembrava destinato a restare nel nord di Londra.
La verità è che avremmo dovuto vincere tre titoli di fila (2001/02, 2002/03 e 2003/04) e che abbiamo vinto il più difficile, ad Old Trafford, e regalato quello che sembrava il più semplice da vincere.
Il più bello, sofferto e improbabile di tutti, però, è quello del 1989. Un campionato che avremmo dovuto stravincere, che abbiamo vinto quando avremmo dovuto perderlo e che ci ha regalato quel romanzo di formazione che è Fever Pitch, opera di Nick Hornby e poi film con un grande Colin Firth. L’inattesa sconfitta contro il Derby County ad Highbury e il successivo pareggio a casa del Wimbledon, rispettivamente alla terz’ultima e penultima giornata di campionato, avevano permesso al Liverpool di Dalglish di salire al primo posto e potersi accontentarsi di una sconfitta di misura nello scontro diretto, ad Anfield, per sollevare il trofeo.
Noi, primi da dicembre 1988 ad aprile 1989, avevamo consegnato il titolo al Liverpool. Vincere con due gol di scarto ad Anfield pareva impossibile: i Reds non perdevano in casa con due gol di scarto da tre anni e noi non vincevamo ad Anfield da quindici anni. Il resto, come si dice, è storia.
Tutto ciò per dire, a chi è più giovane, che da qui alla fine sarà una sofferenza.
Di risultati come quello di sabato ce ne saranno altri e di prestazioni come quelle di Goodison Park anche, purtroppo. Allo stesso tempo, arriveranno vittorie e prestazioni maiuscole quando non ce lo aspettiamo e soprattutto anche le altre squadre, e nello specifico il Manchester City, avranno di questi problemi. Insomma, è meglio allacciarsi le cinture e prepararsi ad emozioni fortissime, in entrambi i sensi.
Non aver vinto contro Everton e Brentford lascia l’amaro in bocca ed è naturale che sia così, dato il divario percepito tra le due squadre e l’Arsenal, però non va dimenticato che queste due compagini, alle quali per estensione aggiungo anche il Newcastle di Howe, sono le migliori della Premier League quando si tratta di difendere con un blocco basso e due linee molto strette tra loro, quindi da un certo punto di vista abbiamo affrontato due grossi ostacoli e ce li siamo levati di mezzo, pur non con i risultati sperati.
Se altre squadre vorranno affrontarci con lo stesso schieramento e lo stesso canovaccio tattico, dovranno dimostrare di poterlo fare con altrettanta disciplina e altrettanta attenzione, cosa più facile a dirsi che a farsi.
Non sarà ovviamente il caso del Manchester City, che non verrà all’Emirates Stadium a fare le barricate, come non lo sarà di altre avversarie che penseremo di soffrire e che, magari, spazzeremo via come fossero un Everton qualsiasi. Sarà una corsa lunga e faticosa, a volte sentiremo il titolo ormai fuori portata e altre volte ce lo sentiremo già in tasca; a volte saremo più disperati di un bambino a cui è appena caduto a terra il cono gelato ed altro più estasiati di Michael Thomas ad Anfield, quella notte; a volte malediremo il momento in cui abbiamo iniziato a credere davvero a questo titolo ed altre benediremo il fatto di essere diventati, un giorno, tifosi dell’Arsenal.