Passaggio di Testimone

Morti. Risorti. Morti di nuovo. Risorti di nuovo. Definitivamente.
Non parlo dei giocatori, parlo di noi tifosi. L’Arsenal dovrebbe pagarci una bella vacanza, altroché.

Quando il pallone calciato da Jorginho ha colpito la traversa, è rimbalzato sulla fronte di Emiliano Martínez e poi è rotolato oltre la linea di porta, è stato come morire per un istante ed essere riportati in vita da una scarica di adrenalina, come nella famosa scena di Pulp Fiction. Il gol del centrocampista mi ha fatto rivivere la stessa emozione di quello di Danny Welbeck contro il Leicester, con la stessa intensità disumana, probabilmente perché non capita quasi mai di segnare gol così pesanti all’ultimo respiro ma, al contrario, sembra che capiti solo ed esclusivamente alle altre squadre.

La vittoria di Villa Park, per com’è arrivata e per la sua importanza, a mio parere è parente strettissima di quella contro il Liverpool nel 2004, ad Highbury: anche lì, con la squadra reduce da un pareggio interno contro il Manchester United in campionato e due brucianti eliminazioni in coppa, una in semifinale di FA Cup proprio per mano dei Red Devils e l’altra in Champions League contro il Chelsea, l’atmosfera era pesantissima e anche lì la pressione stava per giocare un brutto scherzo a quelli che sarebbero diventati gli Invincibles.

Anche lì, curiosamente, era finita 4-2 per noi.

Momenti come questi sono spesso dei crocevia importanti per una stagione, molto più di uno scontro diretto, perché capaci d’imprimere un nuovo impulso a tutto l’ambiente. Aver vinto a Villa Park è importante ma il come è arrivata questa vittoria è forse ancora più importante: prima la sofferenza, poi la volontà di non arrendersi, la convinzione di poter ribaltare il risultato senza però riuscirci (vedi le occasioni per Eddie Nketiah, Martin Ødegaard e Gabriel) ed infine la liberazione, la follia e l’estasi dopo il gol di Gabriel Martinelli – o dovrei forse dire DURANTE il gol di Gabriel Martinelli.
Una vittoria più striminzita, più circostanziale, non avrebbe fatto altrettanto bene ai giocatori perché avrebbe solamente messo in pausa i nostri problemi e soprattutto non avrebbe trasmesso la convinta sensazione di aver svoltato, chiaramente palpabile dopo il triplice fischio.

La sensazione è che la squadra abbia finito col lasciarsi alle spalle il peso della narrazione delle ultime settimane, quella per intenderci che iniziava con “l’Arsenal è a X partite senza vittorie in Premier League” e che continuava con “il Manchester City sembra pronto a cambiare marcia”, e che ora possa riprendere il cammino interrotto inaspettatamente a Goodison Park, contro l’Everton. La pazza vittoria di Villa Park, sommata all’inaspettato pareggio del Manchester City contro il Nottingham Forest, è servita a ricordarci che la squadra dispone di risorse mentali insospettabili e che l’avversario non è poi infallibile, riportando così una buona dose di serenità dentro e intorno alla squadra.

Sabato, a casa del Leicester di Rodgers, si riparte da zero e non è certo una brutta cosa: niente fardelli sulle spalle, niente “partite decisive” all’orizzonte ma solo un altro avversario da disinnescare e da sconfiggere, con lo stesso approccio utilizzato fino a quattro partite fa. La pressione è sparita così com’era arrivata, spazzata via da cinque minuti di autentica follia da parte di una squadre che ci farà perdere anni di vita, ci manderà al manicomio quanto volete…ma quanto è bella?

Villa Park come crocevia della stagione.
Un 4-2 improbabile come passaggio del testimone da una generazione di fenomeni ad un’altra.

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