Everyone’s a gangster until the real gangster enters the room.
Se dovessi riassumere con una sola frase la partita di ieri, sarebbe questa.
Troppo Manchester City per sperare anche solo di giocarsela, all’Etihad Stadium. Più di una prevedibile sconfitta, temevo una disfatta e tale è stata: compressi nella nostra metà campo fin dalle primissime battute, incapaci di far uscire il pallone per alleviare la pressione, mai pericolosi dalle parti di Éderson, nonostante il gol della consolazione di Rob Holding.
Usciamo dalla grande sfida con un pesante quattro a uno sul groppone e con un colpo al morale che rischia di sporcare il finale di stagione, fino a qui semplicemente sensazionale.
Ancora una volta, sarà il modo in cui reagiamo a questa batosta a definire l’ultimo scampolo del 2022/23 e determinare se la squadra – inconsciamente o meno – tirerà i remi in barca concedendo il titolo al Manchester City oppure se costringerà gli uomini di Guardiola a lottare fino all’ultimo.
La classifica, nonostante la sconfitta di ieri sera, dice che siamo ancora davanti di due punti e ciò obbligherà gli inseguitori a continuare la propria corsa, a patto ovviamente di riprendere a vincere: con quella di ieri sono infatti quattro le partite senza vittorie in Premier League, un filotto poco invidiabile.
Da un certo punto di vista, essersi levati dalle scatole questo appuntamento così ingombrante potrebbe essere una salvezza per una squadra apparsa intimorita fin dal calcio d’inizio, dopo esser stata fin troppo tranquilla contro Liverpool, West Ham e Southampton. Ora che la strada è sgombra e che la pressione è sparita, Martin Ødegaard e compagni potrebbero ritrovare la giusta serenità e fare in modo che la lotta per il titolo vada avanti il più a lungo possibile.
Devo ammettere però che fatico ad immaginare uno scenario nel quale vinciamo le prossime cinque partite, perché la prestazione dell’Etihad Stadium ha messo in mostra una squadra visibilmente sulle gambe e a corto d’idee, con alcuni elementi chiaramente fuori forma.
Le prossime due partite, nello specifico, ci diranno se questa squadra ha ancora delle risorse dalle quali attingere o se, come successo l’anno scorso, ha finito le energie psicofisiche e ha speso tutto lo spendibile. Per battere Chelsea e Newcastle nello spazio di cinque giorni ci vorrà un miracolo, dopodiché il calendario si farà molto più agevole e a quel punto – e solo a quel punto – potremo permetterci il lusso di dare un’occhiata a quel che succede dalle parti del Manchester City.

In tutta sincerità, credo che la sconfitta di ieri sera abbia fatto calare il sipario sulla nostra stagione e sulle nostre folli ambizioni, nate per gioco e diventate fin troppo reali col passare delle settimane. Ora che il Manchester City ha messo in chiaro le cose e che ha ripreso il pieno controllo sulla Premier League, noi possiamo tornare con i piedi per terra e apprezzare appieno quel che ha fatto questa squadra.
Da ieri sera, infatti, siamo ufficialmente qualificati alla prossima Champions League e ritroveremo il palcoscenico più prestigioso d’Europa, sette anni dopo l’ultima apparizione. Da ieri sera, e con cinque turni d’anticipo, abbiamo raggiunto quello che unanimemente era considerato l’obiettivo principale per la stagione in corso, ovvero finire tra le prime quattro della classifica. Tenuto conto delle previsioni d’inizio stagione, che davano Manchester City, Liverpool, Chelsea, Tottenham e Manchester United favorite rispetto ai nostri, e del fatto che abbiamo il manager e la squadra più giovani dell’intera Premier League, dovremmo essere molto orgogliosi di quanto realizzato in questa stagione.
Non credete a chi vi racconta che questo Arsenal ha buttato via il campionato, perché sono gli stessi che spostano l’asticella sempre un po’ più avanti in modo da farci apparire come deboli, fallimentari – mentre questa stagione è un successo a tutti gli effetti, la cui unica macchia è l’eliminazione precoce in Europa League per mano del modesto Sporting.
Con ogni probabilità finiremo con un sontuoso secondo posto in classifica, con Bukayo Saka e Martin Ødegaard in lizza per il premio di giocatore dell’anno, con William Saliba e Gabriel Martinelli diventati a tutti gli effetti dei giocatori di primissimo livello e con la possibilità di costruire ulteriormente, migliorare ulteriormente un gruppo di giocatori che ha dimostrato di poter restare incollato ad un avversario decisamente fuori portata.
Non è tempo di funerali, è tempo di far festa.
THE CHAAAAAAMPIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOONS.