Che brutto passare da Febbre a 90° agli special dei Simpson, no?
Anziché rivivere la scena epica del gol di Thomas ad Anfield, siamo agli episodi di Halloween di Homer e famiglia.
Il numero in questione, tuttavia, non ha nulla da spartire con le storielle immaginate da Matt Groening ma si riferisce invece al totale di punti che potremmo – il condizionale è d’obbligo – aver accumulato alla fine della stagione. Se davvero dovessimo infilare un filotto di cinque vittorie consecutive, arriveremmo infatti a 90 punti tondi tondi, un risultato che abbiamo raggiunto una sola volta nell’intera storia della Premier League, nel 2003/04.
All’epoca erano ampiamente bastati per staccare Chelsea e Manchester United, fermatisi rispettivamente a 79 e 75 punti, mentre oggi potrebbero bastare giusto per non restare troppo indietro rispetto al Manchester City – che potenzialmente può arrivare fino a 94.
Per rendere l’idea della difficoltà del vincere la Premier League, di questi tempi, basta sapere che questi 90 punti sarebbero stati sufficienti una sola volta negli ultimi sei anni, mentre nelle altre cinque a volte non sarebbero bastati nemmeno per il secondo posto:
2016/17: Chelsea (93), Tottenham (86), Manchester City (78)
2017/18: Manchester City (100), Manchester United (81), Tottenham (77)
2018/19: Manchester City (98), Liverpool (97), Chelsea (72)
2019/20: Liverpool (99), Manchester City (81), Manchester United (66)
2020/21: Manchester City (86), Manchester United (74), Liverpool (69)
2021/22: Manchester City (93), Liverpool (92), Chelsea (74)
2022/23: Manchester City (90-94), Arsenal (85-90), ?(?)
La barriera dei 90 punti, che fino ad un passato relativamente recente sarebbe stata sinonimo di dominio in campionato, oggi ha assunto i contorni del minimo sindacale per chi vuol provare a vincere il titolo, senza garanzia alcuna di riuscire nell’impresa. Al Liverpool nel 2018/19 non sono bastati nemmeno 97 (!) punti per alzare quel benedetto trofeo, giusto per sottolineare l’assurdità della situazione in cui si è ritrovato l’Arsenal, che da quando ha affidato la panchina a Mikel Arteta ha totalizzato rispettivamente 56, 61 e 69 punti.
In qualsiasi altro contesto, il salto di qualità compiuto da questa squadra rispetto alla stagione scorsa verrebbe celebrato come uno dei più impressionanti d’Europa, ed invece noi siamo qui a rimuginare su quel che sarebbe potuto essere e che molto probabilmente non sarà.
Con cinque partite ancora da disputare, siamo passati dal quinto al secondo posto; da 69 a 75 punti; da 22 a 23 vittorie; da 61 a 78 gol segnati; da 48 a 38 gol incassati; da 13 a 4 sconfitte.
Potenzialmente, potremmo far registrare la miglior stagione dal 2004 ad oggi ma finire comunque a mani vuote, il che è profondamente crudele quando si pensa ai metodi usati dal Manchester City per dominare in maniera così spietata il panorama calcistico inglese.
Per fare in modo che 90 diventi il punto di partenza, anziché quello d’arrivo, l’Arsenal dovrà fare in modo di allargare il bacino di giocatori forti ed affidabili dai quali attingere e innalzare così la qualità della propria rosa, ad oggi ancora troppo dipendente dai soliti noti.
In questo momento, infatti, sono pochi i giocatori sui quali Mikel Arteta sembra fare pieno affidamento ed è impensabile aspettarsi che questa rosa, così come la conosciamo oggi, possa ripetere un exploit come questo anche la prossima stagione, quando giocheremo anche la Champions League.
Dando un’occhiata al parco giocatori, sono pochi quelli che possiamo considerare intoccabili e fondamentali per il progetto: Ramsdale, White, Saliba, Gabriel, Zinchenko, Ødegaard, Saka, Martinelli, Trossard e Gabriel Jesus, ai quali possiamo aggiungere i buoni soldati Turner, Tomiyasu, Xhaka, Partey, Jorginho e Nketiah. Quindici giocatori (il portiere di riserva non lo conto) sono pochi per aspirare a lottare per la Premier e fare più strada possibile in Champions League, il che significa che il club dovrà provare ad aggiungere un paio di tasselli capaci di elevare il tasso globale del proprio parco giocatori.
La parola chiave, come da tradizione, sarà versatilità, per due motivi: perché non possiamo permetterci di avere un doppione di identico livello per ogni ruolo e perché è fondamentale avere a disposizione giocatori che permettano al manager di cambiare assetto a partita in corso o a seconda dell’avversario.
L’interesse per Declan Rice del West Ham, in questo senso, è perfettamente logico: mediano, mezzala e all’occorrenza pure difensore centrale, il capitano degli Irons è pronto al salto di categoria ed è ancora abbastanza giovane per poter essere plasmato sui dettami tattici di Mikel Arteta. Uno col suo profilo permetterebbe al manager spagnolo di essere molto meno dipendente da Thomas Partey. troppo discontinuo, di spremere meno Granit Xhaka oltre a svariate soluzioni tattiche che includono l’inglese e gli altri centrocampisti a disposizione.
La partita contro il Manchester City, tra le altre cose, ci ha mostrato che all’Arsenal mancano elementi che permettano a Mikel Arteta di adattarsi a situazioni complicate anziché effettuare i soliti cambi uomo-per-uomo e sperare che il subentrato faccia meglio del giocatore uscente. L’idea, immagino, è quella di copiare l’operazione che ha portato Leandro Trossard all’Emirates Stadium e avere quindi un titolare sempre pronto all’uso, anziché un semplice ricambio in attesa del proprio turno. Il ruolo di Mikel Arteta sarà fondamentale, in quest’ottica, perché se c’è un’area nella quale lo spagnolo può ancora migliorare è proprio la gestione della rosa nella propria interezza: da quando è arrivato all’Arsenal, infatti, ha spesso spaccato lo spogliatoio in titolari e riserve anziché sfruttarne tutti gli elementi.
Ammettiamo che fosse un problema di qualità degli elementi in questione e che quindi Mikel Arteta non potesse fare altrimenti, resta il fatto che lo spagnolo deve migliorare in fretta per evitare di sprecare l’opportunità di sistemare stabilmente l’Arsenal sul podio della Premier League.
L’obiettivo, insomma, è uno: fare in modo che questi potenziali 90 punti non siano stati un lampo estemporaneo.