Sorpresa, Haaland è il giocatore dell’anno secondo l’associazione dei giornalisti inglese.
L’alieno norvegese ha vinto il premio con il 72% dei voti, stabilendo così l’ennesimo record.
Bene, bravo. Che fantasia però questi giornalisti, eh?
Il punto non è questo, comunque, perché non sono qui a parlare di giocatori che vestano una maglia diversa dalla nostra, a meno che non siano in procinto di vestirla. Sono qui a parlare di quel premio l’ha sfiorato, perché si tratta di Bukayo Saka e Martin Ødegaard, arrivati rispettivamente secondo e terzo per numero di voti raccolti.
Tralasciando l’assurda statistica che vede due norvegesi sul podio di giocatore dell’anno in Premier League, una prima assoluta, il dato più interessante per noi Gooners è l’aver piazzato due giocatori tra i primi tre, cosa mai successa nemmeno ai tempi degli Invincibles, del primo Double di Arsène Wenger o dei successi dell’Arsenal di George Graham.
L’ultimo giocatore dell’Arsenal a vincere il premio è stato Robin van Persie, nel 2012, mentre prima di allora era toccato a Thierry Henry (tre volte, un record), a Robert Pirès e a Dennis Bergkamp, e prima ancora a Frank McLintock, capitano del primo Double nella storia del club.
Mai prima d’ora, però, avevamo piazzato due giocatori sul podio: al di là del rammarico per non averne messo nemmeno uno sul gradino più alto, resta l’orgoglio di vedere due Gunners accanto all’androide scandinavo – uno dei quali cresciuto nelle giovanili del Club. Anche questo, nel suo piccolo, conferma la bontà del lavoro dell’Academy e di tutte le persone che accompagnano piccoli fenomeni verso una carriera da professionisti, ai più alti livelli.
L’obiettivo, l’anno prossimo, sarà spingere uno dei nostri in cima alla graduatoria e i candidati, a mio modesto parere, non mancano: oltre a Bukayo Saka e Martin Ødegaard, infatti, anche Gabriel Jesus, Gabriel Martinelli e William Saliba hanno un potenziale da FWA Player of the Year, per un totale di cinque candidati dell’XI titolare di Mikel Arteta.
Niente male.
Siccome però anche questo premio, come tutti i premi individuali nel mondo del calcio, è un riconoscimento alle vittorie ancor prima che alle prestazioni, avere di nuovo un giocatore dell’Arsenal sul gradino più alto del podio significherebbe aver messo le mani sul tanto agognato trofeo, che ci sfugge da vent’anni. Salvo tre eccezioni, ovvero Bale, Suárez e Salah, negli ultimi dieci anni il titolo di FWA Player of the Year è sempre andato ad un giocatore della squadra campione d’Inghilterra, a riprova del forte legame tra il premio ed il trofeo.
Più facile a dirsi che a farsi, però, perché se ripetersi di per sé è già molto difficile, superarsi lo è ancora di più.
Oggi l’Arsenal è l’unica squadra ad avere quattro giocatori con più di 10 gol in Premier League e l’unica squadra ad avere tre giocatori con almeno 20 gol + assist, numeri impressionanti che sarà difficile ripetere ora che non saremo più la sorpresa dell’anno ma una solida realtà (cit.), quindi la missione si preannuncia molto complessa.
Mikel Arteta e il suo staff dovranno essere dei bravi equilibristi e trovare il modo di rendere ancora più efficace il nostro reparto offensivo inteso come unità e al contempo spingere ogni singolo giocatore ad un livello più alto – perché ci sono ancora margini di miglioramento sia a livello complessivo che a livello individuale.
Se Bukayo Saka è già il più completo dei tre, Gabriel Martinelli può migliorare nelle scelte e Gabriel Jesus non è ancora abbastanza deciso sotto porta, pur avendo i mezzi per segnare molto di più, ma tutti e tre hanno bisogno di più opzioni là davanti, più alternative alle combinazioni che vediamo oggi. Mikel Arteta dovrà dimostrarsi più creativo e magari più coraggioso rispetto a quanto visto fino a qui, in modo da non inciampare più sui Southampton di questo mondo e lasciare punti preziosi per strada.
Esiste ancora un certo grado di prevedibilità nel nostro modo di giocare che ci rende facilmente leggibili dagli avversari, quindi potenzialmente più facili da disinnescare rispetto a Manchester City e Liverpool, e quando non arriva la giocata del fuoriclasse rimaniamo impantanati. A mio modesto parere, il terzo posto di Martin Ødegaard vale di più rispetto al secondo posto di Bukayo Saka perché frutto della crescita del giocatore all’interno del sistema di gioco, mentre nel caso del nostro Starboy si tratta di un talento così scintillante da poter fare la differenza a prescindere da tutto – formazione, compagni e avversari.
Per fare il salto di qualità dobbiamo allontanarci ulteriormente dal dailapallaaSakaequalcosasuccederà nel quale ci rifugiamo troppo spesso, o dal lancialungosuMartinelliecipensalui che spesso ci ha salvati, quest’anno. Mikel Arteta dovrà trovare nuove zolle, nuove strade per rendere questi due dei giocatori capaci di raggiungere certi numeri ogni anni, sulla falsariga di quanto fatto da Klopp con Mané e Salah.
Se riuscirà nell’impresa, perché di questo si tratta, avremo ottime possibilità di rivedere i nostri giocatori su quel podio e soprattutto rivedere la squadra in testa alla classifica.
Se ci riusciremo, gli alieni saremo noi – non il norvegese del Manchester City.