Il Lungo Addio di Granit

Questo pezzo l’ho già scritto due volte, la terza però sembra essere quella buona.
È di ieri la notizia, rimbalzata su molte testate inglesi, che Granit Xhaka lascerà l’Arsenal l’estate prossima.

A quasi 31 anni e in scadenza nel 2024, il capitano della nazionale svizzera lascerà Islington dopo sette stagioni e quattro vite diverse, tutte vissute ad altissima intensità. Onestamente, credevo che avrebbe fatto le valige la stagione scorsa, dopo aver ricucito il rapporto con i tifosi, ma è rimasto una stagione in più ed è riuscito nell’impresa di farsi rimpiangere. Tenuto conto di quanto era caduto in basso agi occhi di noi Gooners, ciò che è riuscito a fare Granit Xhaka è straordinario, nel senso etimologico del termine.

Non vi ammorberò con una lezione di storia sul percorso di Granit Xhaka con la maglia dell’Arsenal, che per quanto mi riguarda si può riassumere in quattro grandi ere: la prima è segnata da un grande equivoco tattico, imposto da Arsène Wenger; la seconda dalla frustrazione alimentata dall’impiego che ne ha fatto Unai Emery e dalla troppa generosità del giocatore, che ha poi pagato uno scotto enorme; la terza è la rinascita, lenta e incerta, sotto l’occhio paterno di Mikel Arteta e la quarta, l’ultima, è la definitiva redenzione – e consacrazione – con un nuovo ruolo in campo e una nuova dimensione tattica.

Siccome tutti amiamo un lieto fine, è bello sapere che Granit Xhaka saluterà un Emirates Stadium tutto in piedi per lui, in occasione della partita interna contro il Wolverhampton – l’ultima della stagione. È bello sapere che un giocatore come lui, al quale si possono muovere tantissime critiche ma non l’indolenza o la passione, riceverà il giusto commiato dopo aver obbedito ad ogni manager anche quando ne andava visibilmente delle proprie prestazioni, aver lavorato in silenzio per ricucire il rapporto con i tifosi dopo il brutto episodio dell’0ttobre 2019, non aver mai risposto alle provocazioni della stampa sulla sua presunta testa calda – né essersi lamentato del chiaro preconcetto di tanti arbitri nei suoi confronti – e dopo aver avuto un ruolo fondamentale nel portare la squadra ad un clamoroso secondo posto in classifica.

L’addio di Granit Xhaka, però, era prevedibile. Anzi, probabilmente era necessario.

Senza nulla togliere al centrocampista svizzero, reduce dalla sua miglior stagione in carriera, ho sempre avuto la sensazione che fosse proprio lui quel tassello sacrificabile per far compiere un salto di qualità alla squadra. Al netto della sua intelligenza, del suo carisma e dell’ottimo piede sinistro di cui dispone, Granit Xhaka mi ha sempre dato l’impressione di essere un pesce fuor d’acqua in fase di rifinitura e finalizzazione, ciò nonostante gli ottimi numeri mandati a referto questa stagione, nella quale tra Premier League e Europa League ha fatto registrare sette gol e sette assist.
Per quel ruolo, come lo ha disegnato Mikel Arteta, preferirei avere a disposizione un giocatore capace anch’esso di andare potenzialmente in doppia cifra per gol segnati ma principalmente essere identificato come una vera minaccia da parte degli avversari, cosa che oggi – a ragione o a torto – non succede.

Ora che Oleksandr Zinchenko si prende il mezzo spazio di sinistra in costruzione, mi piacerebbe avere un giocatore più bravo nel condurre la palla in progressione, più abile nel dribbling e capace di creare situazioni di superiorità numerica sulla fascia sinistra, in tandem con Gabriel Martinelli. A più riprese, infatti, abbiamo visto Granit Xhaka calpestare la linea laterale nel 2-3-5 con il quale solitamente attacca l’Arsenal ma è chiaro che quelle non sono le sue zolle preferite – ancora una volta nonostante gli ottimi numeri dello svizzero – e che in quelle zone ci farebbe molto bene un giocatore più veloce, più agile, più imprevedibile e più pericoloso di Granit Xhaka. Fortunatamente c’è qualcuno che sa spiegarlo meglio di me, e che vi lascio il piacere di leggere.

Inoltre, Granit Xhaka tra pochi mesi compirà 31 anni. Non siamo ancora alla parabola discendente ma è tempo di pensare alla successione, al futuro: avendo già in rosa Jorginho (32 anni a dicembre), Thomas Partey (30 tra un mese) e Mohamed Elneny (31 a luglio), il nostro reparto di centrocampo ha bisogno di freschezza, di gioventù. Non sarà semplice compensare il carisma e l’esperienza che se ne andranno con Granit Xhaka, tuttavia giovane non significa necessariamente inesperto, né immaturo, quindi non è detto che la transizione sarà troppo dolorosa.
Per quanto Granit Xhaka sia uno dei veterani e una figura di riferimento nello spogliatoio, la rosa attuale non manca certo di personalità: Martin Ødegaard, Gabriel Jesus e Oleksandr Zinchenko hanno già dimostrato di poter guidare i compagni e giocatori come Aaron Ramsdale, Gabriel e William Saliba stanno crescendo molto a livello mentale, quindi non sono particolarmente preoccupato per il nostro futuro immediato.

D’altronde, siamo lontani ormai dal modello di squadra guidata da un giocatore dalla personalità straripante, perché oggi ogni squadra ha più di un capitano – fascia o non fascia: il Manchester City ha de Bruyne, Gundogan, Walker e Rubén Dias; il Liverpool ha Henderson, van Djik, Alexander-Arnold e Robertson, e così via. Quando Unai Emery aveva scelto di non scegliere un capitano, preferendo un gruppo di capitani, in tanti l’avevano preso in giro, eppure il basco ci aveva visto giusto.

Sono ormai tre anni che Granit Xhaka sta lentamente ma inesorabilmente lasciando l’Arsenal: da quella brutta serata all’Emirates Stadium e l’accordo trovato con l’Hertha Berlino – prima dell’intervento di Mikel Arteta, dalla corte serrata della Roma di Mourinho e una cessione saltata solo per motivi economici, non sportivi, fino alla notizia di ieri, quella che sembra aver sancito l’addio dello svizzero. Immagino che Edu, Mikel Arteta e tutto lo staff stiano preparando questa transizione da un po’ e che forse l’incredibile rendimento di Granit Xhaka in quel nuovo ruolo abbia in qualche modo “complicato” i piani del club, anche se grazie a ciò l’Arsenal dovrebbe incassare una manciata di milioni in più, perché sospetto che non fosse lui il giocatore destinato ad occupare quel ruolo. Sbaglierò ma credo che quelle zolle fossero destinate a Emile Smith Rowe, caduto poi in disgrazia a causa di qualche infortunio di troppo e delle prestazioni di Granit Xhaka, che curiosamente ora si trova in una situazione molto simile a quella dell’ex giocatore di Basilea e Borussia Monchengladbach. Il gioiellino di Hale End ha perso smalto e minuti, è finito ai margini della rosa e si trova davanti una bella montagna da scalare, se vuole restare all’Arsenal: come Granit Xhaka, Emile Smith Rowe dovrà riconquistarsi l’Arsenal a colpi di prestazioni eccezionali e impegno, tenendo la testa bassa come ha fatto il suo ormai ex compagno di squadra.

Questa, però, è tutta un’altra storia.

La notizia del giorno è che il lunghissimo addio di Granit Xhaka sta per consumarsi e che ciò permetterà a tutti di fare un enorme passo in avanti: Granit Xhaka tornerà in Bundesliga, al Bayer Leverkusen, dove potrà fare da chioccia ai giovani rampanti di Xabi Alonso e tornare a giocare da regista basso nel 3-4-3; Mikel Arteta potrà iniettare freschezza e potenziale offensivo nell’XI titolare, dando così maggiore imprevedibilità alla nostra manovra, e noi tifosi potremo ricordare Granit Xhaka come il grande professionista che è e che è sempre stato, oltre al trascinatore che ha riportato la squadra in Champions League.

Tutto è bene quel che finisce bene.

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